È stato inaugurato il 15 febbraio 1953 e, 70 anni dopo, più di seimila persone hanno partecipato alla grande festa di anniversario celebrata il 15 febbraio 2023. Il Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, primo museo scientifico del nostro paese, è una realtà culturale forte, le cui collezioni, formate a partire dagli anni trenta del novecento, oggi contano più di 21mila oggetti.
A questi vanno aggiunti i 55mila volumi della biblioteca e l’archivio, con documenti cartacei, fotografici e audiovisivi. L’obiettivo del museo è quello di testimoniare storie di persone e tecnologie, invenzioni, ricerche, scoperte, realtà industriali e d’impresa che hanno contribuito a trasformare la nostra società e il nostro ambiente negli ultimi due secoli, con particolare riferimento all’Italia. E così nelle sale espositive si incontrano i progetti più visionari di Leonardo, ma anche l’unico frammento di Luna conservato in Italia; il ponte di comando del transatlantico Conte Biancamano e la storica tenda rossa della spedizione polare di Umberto Nobile. Oltre naturalmente al sottomarino Toti, uno dei simboli del museo, che prima di entrare in collezione all’alba del 14 agosto 2005 attraversò le vie di Milano e le scene di quella incredibile navigazione urbana sono entrate nell’immaginario collettivo della città.
Il Museo nazionale della scienza e della tecnologia è stato fondato da Guido Ucelli, ingegnere industriale ed elettrotecnico che, tra le altre cose, a cavallo tra gli anni venti e trenta è stato l’artefice del recupero di due navi imperiali romane dal fondo del lago di Nemi, sui Colli Albani vicino Roma. L’idea era quella di dare anche all’Italia un museo che raccontasse “il divenire del mondo” e per farlo si decise di partire dall’attitudine universale di Leonardo, dal suo essere al contempo uomo di scienza e artista, ingegnere e scrittore.
Impostazione questa che, anche 70 anni dopo, continua a ispirare la missione del museo. “Ogni giorno”, dice l’attuale direttore generale Fiorenzo Galli, “guardiamo alla cosa migliore che possiamo fare il giorno stesso e il giorno dopo. Questo è un museo che, come tutti i musei, ha la caratteristica di voler dare cognizione di sé ai visitatori, ma con in più l’essere legato anche a nozioni tecnico-scientifiche. Quindi, cercare di offrire comprensione di quello che sta accadendo in modo sempre più repentino è la nostra vita quotidiana. Perciò invecchiare è praticamente impossibile”.
Tra i modi in cui si esplicita la relazione tra il museo e la nostra contemporaneità in continuo movimento c’è anche il progetto Fatti per capire, lanciato in occasione dell’anniversario per far crescere quella che nel mondo anglosassone è definita “cittadinanza scientifica” e che ha l’obiettivo di fornire – a giornalisti, esperti di comunicazione, ma anche semplici cittadini – le informazioni necessarie per prendere decisioni consapevoli su temi che riguardano scienza e tecnologia, soprattutto quando sono di attualità nel dibattito pubblico. “Oggi”, spiega la giornalista scientifica Barbara Gallavotti, curatrice del progetto, “non possiamo non essere informati accuratamente su ciò che riguarda la scienza e la tecnologia, perché a esse sono legate moltissime delle decisioni che dobbiamo assumere e che hanno un effetto determinante sulla direzione che prende la nostra società. Avere cittadinanza scientifica significa anche poter accettare o rifiutare certi utilizzi di determinate tecnologie, ma sempre per motivi fondati e ragionati”.
La complessità umana
In epoca di pandemie e sviluppi vertiginosi della vita digitale, di cambiamenti climatici e continui allargamenti del campo di indagine intorno all’uomo, ma anche di guerre e gravissime crisi sociali, il ritorno all’importanza dei “fatti”, come elementi dimostrabili e fondanti, è qualcosa che ha una valenza che va oltre la semplice divulgazione. Perché, per dirlo con le parole del direttore Galli, il museo “è anche uno strumento di comunicazione per amplificare la diffusione della cultura tecnico-scientifica e questo progetto intende promuoverla e renderla accessibile in tutte le sue manifestazioni, implicazioni e interazioni con altri settori del sapere e con la società”.
Quest’ultimo aspetto, legato alla relazione con la cultura in generale, non solo quella scientifica, è un altro degli obiettivi che il Museo della scienza continua a perseguire. L’immagine simbolo possono essere i Sette Savi dell’artista Fausto Melotti che dopo avere girato vari luoghi di Milano oggi hanno trovato casa nel chiostro del palazzo di via San Vittore e qui sono diventati dimostrazione scultorea di quell’idea di umanesimo che attraversa tutte le discipline.
“C’è necessità di quello che la ricerca scientifica e la tecnologia ci mettono a disposizione per vivere meglio”, ha aggiunto Galli, “però rimaniamo esseri umani e dentro di noi c’è molto altro, tutto insieme: è bene essere consapevoli del fatto che diventare individui completi richiede uno sforzo, che è quello di impegnarsi per comprendere. Tutti i musei, non solo quelli scientifici, aiutano a dare strumenti in questo senso”.
Un’altra delle storie che i 70 anni del Museo della scienza e della tecnologia possono raccontare riguarda il modo in cui la cultura scientifica si avvicina alle persone e oggi, per esempio, si ragiona spesso su come si possano spingere maggiormente gli studenti verso la scienza e lo studio delle discipline cosiddette Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). “Le modalità per farlo sono tante”, ci ha spiegato Barbara Soresina, direttrice di produzione e promozione del museo milanese, “per cui lo facciamo con i laboratori interattivi, con le esposizioni, ma anche con le opere d’arte digitale, la musica e le performance teatrali, che sono un modo per chiamare le persone nei nostri spazi e far conoscere un luogo che magari non hanno mai visitato”.
Un luogo dove, tra le altre cose, è possibile passare letteralmente una notte al museo, sperando magari che le macchine volanti di Leonardo si mettano in moto come al cinema, oppure dove si può esplorare, da svegli, il sistema solare attraverso la realtà virtuale, camminando sulla superficie della Luna o di Marte. Sono laboratori per ragazze e ragazzi, naturalmente, ma sono anche in un certo senso i sogni dell’umanità che diventano possibili e forse è pure questo il punto da cui partire per guardare ai prossimi anni del museo che, per il direttore Galli, hanno come prospettiva principale il “rimanere agganciati nei modi migliori possibili a quello che sarà il progredire della nostra storia”.
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