La diffusione delle tecnologie di automazione come robot e intelligenza artificiale fa temere una disoccupazione tecnologica elevata: in futuro molte persone potrebbero perdere il proprio lavoro a causa dell’impiego di macchine.

In un nostro studio recente abbiamo cercato di quantificare il numero di lavoratori italiani a rischio. La stima tiene in considerazione i limiti tecnici che impediscono l’automazione totale: capacità che, oggi, sono possedute solo dagli umani e non possono essere trasmesse alle macchine in quanto non codificabili in una procedura definita. Riguardano la percezione e la manipolazione (la capacità di orientarsi in ambienti complessi), l’intelligenza creativa (la capacità di produrre idee o artefatti nuovi e preziosi) e l’intelligenza sociale (la capacità di rispondere in modo intelligente ed empatico a una controparte umana).

Ne consegue che i lavoratori sono protetti dall’automazione se svolgono professioni nelle quali queste capacità sono molto importanti, o che includono attività quali la gestione delle relazioni interpersonali, la formazione e la collaborazione con altre persone. Al contrario, i lavoratori potrebbero essere sostituiti dalle macchine in un decennio o due se svolgono professioni che prevedono lo svolgimento di molte attività automatizzabili quali lo scambio di informazioni, la vendita e le attività manuali.

Considerando la distribuzione dei lavoratori italiani nelle professioni più o meno suscettibili all’automazione, emerge che 3-7 milioni di persone (pari al 18-33 per cento circa della forza lavoro) potrebbero essere ad alto rischio di sostituzione da parte delle macchine nei prossimi due decenni. Invece 5-6 milioni di persone (pari al 26-30 per cento della forza lavoro) sembrano essere a bassissimo rischio di sostituzione.

La quota di lavoratori a rischio di sostituzione è elevata anche perché il processo di automazione in Italia è ancora nelle fasi iniziali. Tuttavia, le stime ottenute danno un’idea del numero di posti potenzialmente a rischio.

Il numero di lavoratori che effettivamente sarà sostituito dalle tecnologie di automazione sarà minore a causa di una serie di fattori. Tra questi ci sono la preferenza delle imprese nell’impiegare persone piuttosto che macchine, la creazione di nuovi posti di lavoro favorita dalla tecnologia e altri fattori di tipo istituzionale, come per esempio le regole del mercato del lavoro e il sistema forma­tivo.

Anche se per effetto di questi fattori la disoccupazione tecnologica effettiva sarà minore di quella stimata, occorre comunque salvaguardare i lavoratori che sono e saranno colpiti dall’automazione attraverso strumenti di politica economica, quali incentivi per favorire la creazione di posti di lavoro e la formazione dei lavoratori.

Mariasole Bannò è professoressa associata in economia e management presso l’Università degli studi di Brescia.

Emilia Filippi è dottoranda in economics and management presso l’Università degli studi di Trento.

Sandro Trento è professore ordinario di economia e management presso l’Università degli studi di Trento.

M. Bannò, E. Filippi, S. Trento, Rischi di automazione delle occupazioni: una stima per l’Italia, Stato e mercato (3/2021)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it