Al posto del Savoia equestre davanti al Duomo ora c’è un monumento al pedalante pizza rider. La Madonnina brilla in cima a una ciminiera dismessa, mentre sulla piazza sputa fuoco un Narcos incappucciato formato Godzilla. A piazza Affari il dito medio di Cattelan diventa uno di quei segnali da gangsta rapper tipo “Westside!”.

Ecco il ritratto di una specie di grande capo sciamanico – un attimo, ma non è il Berlusca trasfigurato da tatuaggi facciali, un po’ old signorino un po’ Grande Fratello Vip? E infine, ecco la grafica identitaria: Milano come generosa pista di coca che deborda a formare merletti da cattedrale gotica con i fiocchi di neve colombiana. Siamo solo alla sequenza dei titoli di testa (spezzatino di effetti glitch pronti per essere clip virali, e ideata dal regista Giuseppe Capotondi) della nuova serie Sky Blocco 181 e già appare evidente: più che “vicina all’Europa”, questa Milano da pippare confina con Suburra e Gomorra, e Sodoma e Scampia.

Quella del titolo è una periferia immaginata, o meglio liberamente tratta dai reali disagi di aree milanesi come Giambellino, Corvetto, Quarto Oggiaro. La premessa della storia è l’arrivo, tra quei casermoni, di una gang latinoamericana a occupare abusivamente una palazzina in disuso e con ciò a movimentare la quotidianità radicata del malaffare locale a base di “coca delivery”. È il business della bamba facile recapitata in giro per la città a destinatari trasversali (non più solo yuppie e vitelloni vari), ma tassisti, infermiere, cuochi dai rider della gig economy, bardati tipo Foodora e idealizzati come eroi della vivibilità milanese.

Su tale quadretto s’innesta, in questa serie ideata da Nils Hartmann (già produttore di Romanzo criminale e Gomorra, oggi a capo delle produzioni originali Sky Studios), una dinamica narrativa tra West Side story e Jules et Jim: c’è Bea (la colombiana Laura Osma), reginetta ribelle della gang sudamericana che, vessata da un capo provvisorio quanto prepotente, esce dal gruppo e stringe casuale amicizia con Ludo (Alessandro Piavani), un corriere della droga “per vocazione” estratto dalla buona borghesia meneghina; il quale a sua volta ha stretto un’amicizia forte e anomala con Mahdi (Andrea Dodero), magrebino de Milan, e spicciafaccende nella gang locale del Blocco, che con i latinos ha già una faida in corso.

Bonnie & due Clyde
L’astuzia del team di sceneggiatori guidato da Paolo Vari (Fame chimica) sta nel rendere naturale e fluido questo in realtà improbabile incontro à trois da cui germina un sensuale mènage che dà luogo tanto a buone dosi di scene erotiche, quanto al determinante tentativo, da parte dei tre ragazzi, di emanciparsi dalle rispettive radici e tentare la fortuna comune: insomma - senza spoilerare – Giulietta e i suoi Romei diventano anche un po’ Bonnie & due Clyde, sfidando il mondo, cacciandosi in un mare di fango, intrattenendoci in un allegro reggaeton di ossa rotte, colpi e mazzate metaforiche e no.

A sostenere tanto ritmo, e la “street cred” complessiva dell’operazione, c’è anche Salmo, il rapper già alla corte di Sky come candidato giurato a X-Factor, e che in Blocco 181 s’è ritagliato un ruolo triplice: caratterista (Snake, duro della banda locale), capo scout delle periferie milanesi e consulente musicale; con tanto di colonna sonora collaborativa in arrivo. Tassello di originalità sonora in più, per una serie che riesce nel suo intento di essere fresca pulp fiction, meno plumbea di Gomorra ma con giusti livelli di crimine, violenza e sesso “fluido” per accattivarsi un pubblico globale. Pubblico a cui somministrare una botta local di Milano stratificata, iperrealista, eccessiva e sfiziosa — roba forte, da candidare tutti all’Ambrogino d’oro per aver abraso la patina greige tutta moda e design con un bel mix carico di Quarto Cagnino e corso Magenta, Plastic e Navigli, Gae Aulenti e la Barona: tanta roba, posti che non si trovano né a Caracas né a Roma.

Questo testo è la versione integrale dell’articolo uscito sul numero 28 dell’Essenziale.

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