Migliaia di immigrati bangladesi hanno lasciato la Libia dopo l’inizio del conflitto. Riportando a casa solo un bagaglio. Le foto di Francesco Giusti.

Quando nel febbraio del 2011 è cominciata la rivolta in Libia, nel paese c’erano circa 75mila immigrati del Bangladesh. Erano lì per lavorare e mantenere le famiglie rimaste in patria. La maggior parte era impiegata in aziende di costruzione cinesi, sudcoreane, europee o libiche. Guadagnavano in media 150 dollari al mese, ma spesso prima di ricevere uno stipendio dovevano lavorare gratis per alcuni mesi.

I combattimenti tra l’esercito di Muammar Gheddafi e le forze ribelli, sostenute dalla Nato, hanno spinto gli immigrati bangladesi a lasciare la Libia. Decine di migliaia di persone hanno raggiunto il confine con la Tunisia, ma per uscire dal paese hanno dovuto consegnare ai soldati libici tutto il denaro e gli oggetti di valore che possedevano. Hanno portato oltreconfine solo un bagaglio con pochi vestiti, un po’ di cibo e, in alcuni casi, un lenzuolo. Sulle borse hanno incollato una loro foto per poterle identificare in caso di smarrimento. Arrivati in Tunisia, sono rimasti per settimane nei campi profughi perché il Bangladesh, uno dei paesi più poveri del mondo, non aveva i mezzi per rimpatriarli. Alcuni bangladesi hanno preferito imbarcarsi per Lampedusa insieme ai migranti africani.

Oggi i bangladesi rimpatriati sono circa 40mila, ma la maggior parte conduce una vita di stenti (molti avevano venduto o ipotecato la casa). Il 26 aprile la Banca mondiale ha concesso un prestito di 40 milioni di dollari al Bangladesh per aiutare le persone appena rientrate dalla Libia. Nei giorni seguenti il governo bangladese ha annunciato che rimborserà ai suoi cittadini il costo del viaggio di ritorno e consegnerà a ognuno di loro 775 dollari.

Francesco Giusti è nato a Lecco nel 1969. Nel 2010 ha vinto il secondo premio al World press photo nella categoria Arts and entertainment (stories) per il suo reportage sui Sapeurs in Congo. Le foto di queste pagine sono state realizzate in collaborazione con l’agenzia Prospekt.

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