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Remedios varo, Uranga, 1957. (Kati Horna)
La mujer, 1987. (Flor Garduño)
Carnival de Huejotzingo, 2011. (Cristina Kahlo)
Cementerio, Juchitán, Oaxaca, 1988. (Graciela Iturbide)
Columna salomonica, Puebla. (Mariana Yampolsky)
Autoportrait with a dog. (Colette Urbajtel)
La nanita conchera, Città del Messico, 1992. (Lourdes Almeida)
Manos de campesino con pala, 1926. (Tina Modotti)
Computer 1, 1954. (Lola Álvarez Bravo)

Il Messico visto dalle sue fotografe

Gli anni tra la fine della rivoluzione in Messico e i primi decenni del novecento hanno segnato un periodo di grande libertà artistica che ha avuto come protagoniste numerose fotografe, di origine messicana o di adozione.

La galleria Throckmorton fine art di New York presenta il lavoro di nove di queste pioniere della fotografia che hanno sperimentato con il suo linguaggio, nell’arco di novant’anni. “Sono donne che hanno saputo rischiare. Hanno trasferito la loro determinazione e la loro audacia nei luoghi e nei soggetti ritratti”, spiega il direttore della galleria. Da foto di famiglia a frammenti di vita per le strade di città, dai paesaggi della campagna fino a temi più sociali e legati al mondo del lavoro.

Tina Modotti è stata tra le prime. Nata a Udine nel 1896, emigrò a San Francisco con la sua famiglia quando era adolescente e poi lavorò a Hollywood recitando nel cinema muto. È stata studentessa, modella e amante del fotografo Edward Weston. E con lui arrivò in Messico, il paese che fu per lei una vera fonte di ispirazione, nonostante ne sia stata espulsa nel 1930 per il suo attivismo politico. Prima di partire aveva incoraggiato Manuel Álvarez Bravo, che diventò uno dei fotografi più importanti dell’America Latina nel ventesimo secolo, e maestro della maggior parte delle fotografe più conosciute nel mondo.

Tra loro ci furono la sua prima moglie, Lola Álvarez Bravo (1903-1993), e la terza, Colette Urbajtel (1934). Graciela Iturbide (1942) e Flor Garduño (1957), due delle più grandi fotografe messicane viventi, sono state sue studentesse. Anche Kati Horna (1912-2000), di origine ungherese, prima studentessa e poi compagna di Robert Capa, fece parte della sua cerchia di amicizie. E ancora Mariana Yampolsky (1925-2002), nata a Chicago da genitori ebrei russi, aveva studiato con lui e nelle sue immagini si può riconoscere l’influenza umana del suo maestro nel raccontare la vita nella campagna messicana.

Ognuna di loro ha avuto un approccio personale con la fotografia. Ma ciò che le aiutò a coltivare il proprio talento fu anche la comunità artistica molto viva del periodo, spiega ancora il direttore della galleria.

La mostra durerà fino al 14 novembre 2015.

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