Vivere senza una patria
Le Nazioni Unite stimano che nel mondo più di dieci milioni di persone siano senza patria. Le ragioni sono diverse, e la discriminazione e l’intolleranza sono fattori strettamente legati a questa drammatica situazione che nega alcuni diritti fondamentali a singoli individui e a intere comunità.
Il fotografo statunitense Greg Constantine ha viaggiato per dieci anni documentando le storie delle famiglie apolidi in giro per il mondo. E ha raccolto le loro testimonianze nel libro, uscito nel 2015, Nowhere people, tra immagini, poesie, e canzoni appartenenti alla cultura di ogni comunità.
Dal Bangladesh alla Birmania, dalla Serbia al Kenya, l’obiettivo del progetto è quello di documentare una realtà di persone che “spesso non sono nemmeno rifugiate e non hanno mai attraversato una frontiera”, spiega Constantine. Ma che in molti casi non possono lavorare legalmente, né avere un conto in banca, o ricevere aiuti statali. Senza passaporto o documenti di identificazione, queste famiglie non possono nemmeno viaggiare per costruirsi una vita migliore in un altro paese.
“È stata la perseveranza e la voglia di sopravvivenza di queste persone che mi ha spinto negli anni a proseguire e portare a termine il progetto”, ha raccontato Constantine.
Il fotografo e photo editor di Mother Jones, Mark Murrmann, accosta il libro di Constantine, nelle sue motivazioni e nella sua ampiezza, ai progetti In cammino di Sebastião Salgado sui rifugiati e i migranti, e a quello di Ed Kashi La maledizione dell’oro nero sull’industria di petrolio in Nigeria.