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La famiglia di Elena e Ramadan, a Roma. I loro figli, Sergio, Valentino e Kevin, non hanno ereditato l’apolidia del padre perché hanno preso la cittadinanza della madre, che è romena. (Denis Bosnic, Cir)
Sergio e Valentino giocano alla finestra della loro roulotte, a Roma. (Denis Bosnic, Cir)
Elena e Ramadan in piedi di fronte alla loro roulotte, la loro unica casa, a Roma. Ramadan è stato apolide tutta la sua vita. (Denis Bosnic, Cir)
Federico, il più piccolo dei figli di Sandokan, gioca nel giardino di fronte al container in cui vive con la sua famiglia, in un campo vicino a Ciampino. (Denis Bosnic, Cir)
Cristina, la più grande dei figli di Sandokan, ha dovuto superare molti ostacoli a causa dell’apolidia. Nonostante una grave disabilità fisica e mentale, non ha ottenuto cure adeguate fino a 16 anni. (Denis Bosnic, Cir)
Sandokan, nonostante sia nato in Italia, ha vissuto la maggior parte della sua vita come apolide. Il suo lavoro consiste nel vendere nei mercatini tre volte a settimana quello che trova sgomberando cantine. Nella foto, Sandokan è nel suo container, in un campo vicino all’aeroporto di Ciampino. (Denis Bosnic, Cir)
Eleonora, la figlia più piccola di Sandokan e Valentina, pulisce la sua stanza. (Denis Bosnic, Cir)
Valentina, moglie di Sandokan, asciuga le lacrime di Federico che si è ferito mentre giocava di fronte a casa. (Denis Bosnic, Cir)
Eleonora accompagna Cristina sulla sua sedia a rotelle. (Denis Bosnic, Cir)

Le difficoltà degli apolidi in Italia

In Italia ci sono 15mila apolidi: persone che per diverse ragioni non hanno cittadinanza e passaporto, e per questo non possono studiare, sposarsi, lavorare e non hanno accesso ai diritti fondamentali. La maggior parte degli apolidi in Italia sono persone fuggite dalla ex Jugoslavia durante la guerra. In Europa sono 600mila a vivere in queste condizioni.

L’apolidia è una condizione che può diventare una condanna in un paese come l’Italia, dove il riconoscimento dello status è molto difficile. A causa di procedure burocratiche complicate in Italia solo 606 persone hanno ottenuto lo status di apolide, che gli garantisce di avere documenti regolari. Inoltre l’apolidia si tramanda di padre in figlio a causa dello ius sanguinis in vigore in Italia, che prevede che possano essere cittadini italiani solo i figli di italiani, oppure i bambini nati in Italia da genitori di nazionalità straniera solo al compimento della maggiore età.

Ramadan è nato in Macedonia ed è stato abbandonato dai genitori, è cresciuto con i nonni che non lo hanno mai registrato all’anagrafe e non lo hanno mai mandato a scuola. Dopo la morte dei nonni, quando Ramadan aveva dieci anni, il ragazzo ha deciso di trasferirsi in Italia, qui ha incontrato Elena e se ne è innamorato. “Io vedo per lui, sento per lui, parlo per lui. E per i miei figli”, afferma Elena che ha la cittadinanza romena e nel frattempo è diventata madre di quattro figli che hanno rischiato di essere apolidi come il loro padre.

Sandokan è nato in Italia e ha perso il diritto alla cittadinanza italiana a causa della guerra in Bosnia e delle rigide regole previste dal diritto italiano per gli apolidi. Una persona nata in Italia può chiedere la cittadinanza solo quando ha raggiunto la maggiore età, ma questa possibilità rimane aperta solo per un anno. Quando Sandokan ha compiuto diciotto anni nel suo paese d’origine, la Bosnia, c’era la guerra e il ragazzo non è riuscito a ottenere un documento richiesto dalle autorità italiane.

I figli di Sandokan hanno ereditato l’apolidia del padre. Cristina, la maggiore delle figlie è nata con gravi disabilità fisiche e mentali e non ha avuto accesso a cure adeguate fino a 16 anni. A 18 anni Cristina è in procinto di chiedere la cittadinanza italiana, ma le autorità gliela vogliono negare a causa della sua disabilità mentale: Cristina infatti non può dare un consenso consapevole.

Il 25 novembre 2015 la Commissione diritti umani del senato in collaborazione con il Consiglio italiano per i rifugiati e l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha presentato il disegno di legge sul riconoscimento dello status di apolide.

Il fotografo Denis Bosnic ha scattato queste foto nell’ambito della campagna #NonEsisto, organizzata dal Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) e realizzata con il sostegno della Open society foundations.

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