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Bambini si lavano sulle sponde del lago Kivu, sull’isola di Idjwi, nella Repubblica Democratica del Congo. (Therese Di Campo, Reuters/Contrasto)
Habimana, 45 anni, va al mercato con i suoi figli, dove vende i vasi fatti da lei. (Therese Di Campo, Reuters/Contrasto)
Una ragazzina toglie le erbacce da un terreno. (Therese Di Campo, Reuters/Contrasto)
Ahadi, 23 anni, trasporta le pietre che servono alla costruzione di un albergo vicino al campo pigmeo di Kagorwa. Per questo lavoro, Ahadi guadagna 46 centesimi di dollari statunitensi all’ora. (Therese Di Campo, Reuters/Contrasto)
Una donna prepara del cibo e allatta suo figlio, nel campo di Kagorwa. (Therese Di Campo, Reuters/Contrasto)
Habimana, 45 anni, vicino al lago Kivu. (Therese Di Campo, Reuters/Contrasto)
Melissa, 20 anni, torna dal mercato di Burgarula. (Therese Di Campo, Reuters/Contrasto)
Un pescatore sul lago Kivu. (Therese Di Campo, Reuters/Contrasto)
Una famiglia davanti alla loro casa nel villaggio di Bugarula. (Therese Di Campo, Reuters/Contrasto)
Mwenyezi, 36 anni, suona la chitarra nel campo di Kagorwa. (Therese Di Campo, Reuters/Contrasto)

La lotta dei pigmei in Congo

Su Idjwi, l’isola più grande nella Repubblica Democratica del Congo (Rdc), sta sparendo un pezzo di mondo. I bambuti, uno dei gruppi pigmei del paese, sono anche uno dei più antichi popoli indigeni dell’Africa centrale. Per millenni hanno vissuto come cacciatori-raccoglitori, sopravvivendo grazie alle ricchezze della foresta. Idjwi, nel mezzo del lago Kivu, è stata risparmiata dalle devastazioni delle guerre che nel 1996 hanno ucciso milioni di persone nell’est dell’Rdc. Ma per i suoi abitanti l’arrivo di un’altra cultura si è rivelata quasi devastante. I bambuti, come altri gruppi pigmei dell’Africa centrale, sono stati allontanati dal loro luogo d’origine su cui non ​​potevano vantare dei titoli legali, in questo caso per far posto a una popolazione bantu che ora costituisce oltre il 95 per cento dei 280mila abitanti di Idjwi.

Intorno al 1980, sostengono i bambuti, le autorità locali e capi tradizionali bahavu, un popolo bantu, li hanno espulsi dalle foreste e hanno consegnati la terra ai bahavu. I bambuti hanno dovuto abbandonare il loro stile di vita e, con poche o nessuna attività economica, senza istruzione, nessuna esperienza o mezzi di sostentamento in un ambiente estraneo, la loro società sta tramontando. “Ormai sull’isola non siamo più di settemila, trasferiti su terreni non coltivabili o sparsi sulla costa in campi di fortuna ai margini dei villaggi, in povertà totale”, ha raccontato alla Reuters Charles Livingstone, il capo dei pigmei di Idjwi.

La maggior parte di loro non sa né leggere né scrivere, e mancano i soldi per mandare i figli a scuola. “Prima, nella foresta, avevamo tutto il necessario per una vita facile e felice: cibo, riparo, medicine, vestiti”, spiega Habimana, una donna bambuti di 45 anni.

Le autorità di Ijdwi sostengono che i bambuti hanno venduto le loro terre e che la loro è solo una delle tante dispute sulla terra che ci sono in tutto il mondo. Gervais Rubenga Ntawenderundi, un capo tradizionale bantu del nord dell’isola, sostiene che tra i due gruppi etnici non ci sono problemi : “I pigmei non sono mai stati cacciati fuori dalla foresta e hanno sempre vissuto ai margini dei villaggi”. Altri bantu sostengono che la discriminazione nei confronti dei pigmei esiste ma è un retaggio della dominazione coloniale.

A livello nazionale, il parlamento di Kinshasa ha cominciato a discutere una legge per proteggere i diritti dei pigmei nel 2007, ma deve ancora votare un disegno di legge. Così i bambuti cercano di arrangiarsi come braccianti o trasportando carichi pesanti per i proprietari terrieri bantu, che li trattano con disprezzo.

Le foto sono state scattate da Thérèse Di Campo il 12 gennaio 2017.

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