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Senza titolo, Chicago, agosto 1976. (Vivian Maier, Maloof Collection/Per gentile concessione della galleria Howard Greenberg)
Senza titolo, Chicago, 1965. (Vivian Maier, Maloof Collection/Per gentile concessione della galleria Howard Greenberg)
Senza titolo, Chicago, 1965. (Vivian Maier, Maloof Collection/Per gentile concessione della galleria Howard Greenberg)
Senza titolo, Chicago, 1980. (Vivian Maier, Maloof Collection/Per gentile concessione della galleria Howard Greenberg)
Senza titolo, Chicago, agosto 1965. (Vivian Maier, Maloof Collection/Per gentile concessione della galleria Howard Greenberg)
Senza titolo, Chicago, gennaio 1981. (Vivian Maier, Maloof Collection/Per gentile concessione della galleria Howard Greenberg)
Senza titolo, Chicago, giugno 1975. (Vivian Maier, Maloof Collection/Per gentile concessione della galleria Howard Greenberg)

Vivian Maier a colori

Dopo Milano, arriva anche a Roma la mostra Vivian Maier. Una fotografa ritrovata che ricostruisce la sua produzione, rimasta nascosta per più di quarant’anni.

Come scrive il curatore e scrittore Marvin Heiferman: “Anche se scattate decenni or sono, le fotografie di Vivian Maier hanno molto da dire sul nostro presente. E in maniera profonda e inaspettata. Maier si dedicò alla fotografia anima e corpo, la praticò con disciplina e usò questo linguaggio per dare struttura e senso alla sua vita conservando però gelosamente le immagini che realizzava senza parlarne, condividerle o utilizzarle per comunicare con il prossimo”.

In questi anni la vicenda della fotografa è stata portata alla luce dall’agente immobiliare e collezionista John Maloof, che nel 2007 comprò una scatola a un’asta di Chicago per 380 dollari. Maloof non sapeva che al suo interno c’erano più di centomila rullini non sviluppati e appartenuti a una tata con l’hobby della fotografia. Il suggestivo tentativo di ricostruire l’identità e le origini di Vivian Maier è stato raccontato qualche anno dopo dallo stesso Maloof in un documentario.

Da allora il lavoro di Vivian Maier suscita sempre un particolare interesse perché quei rullini hanno rivelato al mondo una grande fotografa, una “figura imponente ma discreta, che ritraeva le città in cui ha vissuto con uno sguardo curioso, attirato da piccoli dettagli, dai particolari, dalle imperfezioni, dalla vita che le scorreva davanti agli occhi per strada, in un momento di fervido cambiamento sociale e culturale”, come racconta Alessandra Mauro, una delle curatrici della mostra romana insieme ad Anne Morin. E il fatto che non abbia mai voluto rendere pubbliche le sue foto è un aspetto che non smetterà mai di affascinare la nostra società in cui i confini tra pubblico e privato diventano sempre più labili.

La mostra, al museo di Roma in Trastevere fino al 18 giugno, oltre a presentare 120 foto in bianco e nero scattate a New York e Chicago tra gli anni cinquanta e sessanta, propone dei materiali meno conosciuti come le immagini a colori degli anni settanta e i filmati in Super 8. L’evento è accompagnato dal libro Vivian Maier. Fotografa, pubblicato da Contrasto.

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