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Faye Danos nella sua casa sull’isola di Jean Charles, maggio 2017. Faye Danos è contraria alla ricollocazione degli abitanti della zona. (Amir Levy, Afp)
Isola di Jean Charles, maggio 2017. (Amir Levy, Afp)
Juliette Brunet (al centro) con suo fratello e suo cugino puliscono il pesce, isola Jean Charles, maggio 2017. (Amir Levy, Afp)
Chris Brunet nel giardino della sua casa sull’isola di Jean Charles, maggio 2017. Brunet è tra gli abitanti dell’isola che saranno ricollocati. (Amir Levy, Afp)
Emray Naquin, 82 anni, mostra un orologio appeso a un albero, isola di Jean Charles, maggio 2017. (Amir Levy, Afp)
La benedizione annuale dell’isola di Jean Charles sulla nave Miss Brooklyn, maggio 2017. (Amir Levy, Afp)
Juliette Brunet (al centro), 14 anni, con suo fratello e suo cugino,prendono il bus per la scuola, isola di Jean Charles, maggio 2017. (Amir Levy, Afp)
Un gruppo di ragazze torna a casa dopo un pic nic sull’isola di Jean Charles, maggio 2017. (Amir Levy, Afp)
Durante la benedizione annuale dell’isola di Jean Charles, maggio 2017. (Amir Levy, Afp)
Un pescatore sulla baia dell’isola di Jean Charles, maggio 2017. (Amir Levy, Afp)

L’isola che non ci sarà più

L’isola di Jean Charles, in Louisiana, sta scomparendo dalle cartine geografiche.

Dal 1955 l’isola ha perso il 98 per cento della sua superficie: i 18 chilometri di coste si sono ridotti a tre e dei 400 abitanti oggi ne rimangono circa 85. Si tratta del primo caso di profughi climatici negli Stati Uniti e per la loro ricollocazione il dipartimento della casa e dello sviluppo urbano ha già stanziato 52 milioni di dollari.

L’isola è abitata da popolazioni biloxi-chitimacha-choctaw, arrivati agli inizi dell’ottocento in seguito a una delocalizzazione forzata del 1830. Qui si mescolarono con i cajun, i discendenti dei canadesi francofoni originari dell’Acadia e deportati in Louisiana.

Come altre zone del sud della Louisiana, l’isola è molto esposta agli uragani e a frequenti inondazioni che hanno reso impossibile coltivare la terra. Inoltre il riscaldamento globale, l’erosione e l’industria estrattiva attiva nello stato hanno contributo alla sparizione di paludi e foreste che proteggevano le coste. La costruzione di oleodotti e canali per l’estrazione di gas ha reso infatti la terra più vulnerabile e ha fermato il processo naturale di sedimentazione.

Ora il progetto delle autorità – finora visto con ostilità dalla popolazione – è quello di spostare la popolazione sulla terra ferma. Il piano è tenuto sotto osservazione perché potrebbe fungere da esperimento pilota per i successivi spostamenti dalle coste nordamericane, per esempio quelle dell’Alaska, sottoposte agli stessi pericoli di inondazione.

Le foto sono state scattate dal fotografo dell’agenzia Afp Amir Levy a maggio del 2017.

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