Quando la fotografia diventa arte
Un emigrato svedese dal passato misterioso; una signora di mezza età espatriata dalla colonia britannica di Ceylon (oggi Sri Lanka); un accademico di Oxford autore di letteratura fantastica; una giovane ereditiera figlia di un eroe navale scozzese e di un’avvenente spagnola. Tutti accomunati dalla passione pionieristica per la fotografia, nella Gran Bretagna di metà ottocento.
Oscar Rejlander (1813–75), Julia Margaret Cameron (1815–79), Lewis Carroll (1832–98) e Clementina Hawarden (1822-65) sono stati tra i primi a riconoscere il potenziale estetico del linguaggio visivo e a praticarlo come arte.
Influenzati dalla pittura del tempo e spesso associati ai coevi preraffaelliti per la delicatezza delle pose e della luce che erano capaci di catturare, i quattro hanno tracciato un varco tra passato e futuro, definendo i canoni della fotografia in epoca vittoriana. Intorno al 1860, il loro esercizio sofisticato ha aperto la strada alla storia del ritratto.
Dopo essere stata presentata alla National portrait gallery di Londra, la mostra Victorian giants: the birth of art photography , che raccoglie immagini e negativi originali degli autori, è ora visibile alla Millennium gallery di Sheffield, in Gran Bretagna, fino al 23 settembre.
La retrospettiva, accompagnata dall’omonimo catalogo, presenta anche le foto che Lewis Carroll aveva fatto alla piccola Alice Liddell, musa ispiratrice di Alice’s adventures in Wonderland (Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie), e un ritratto magnetico e misterioso di Charles Darwin realizzato nel 1868 da Julia Margaret Cameron.