Le alchimie di Kensuke Koike
La sintesi dell’arte di Kensuke Koike è la manipolazione e la trasformazione di stampe fotografiche per creare dei puzzle concettuali che sembrano proiezioni dell’inconscio.
L’artista giapponese, nato a Nagaya nel 1980, nel 1999 è andato a Venezia per studiare storia dell’arte, e lì è rimasto a vivere. All’inizio dei suoi esperimenti con la fotografia, il collage e la scultura, usava degli scatti realizzati da lui stesso, ma ha capito presto che avere sempre a disposizione dei negativi era diventato una specie di trappola. Se il risultato non era soddisfacente, infatti, si poteva buttare tutto il lavoro e ricominciare con un’altra stampa.
Koike ha quindi sostituito il materiale di base con vecchie foto e cartoline d’epoca prese nei mercatini e nei negozi dell’usato. Ritagliare e scomporre un’immagine non riproducibile è diventata una sfida che l’ha spinto a essere più preciso e riflessivo nel processo creativo.
Anche per questo Koike si definisce un alchimista: le fotografie dimenticate e senza autore sono i suoi metalli, a cui dà una vita nuova e significati inaspettati. Fino al 30 ottobre le sue opere sono al museo Man di Nuoro nella mostra Sensorama, una collettiva di artisti che dall’invenzione del cinema e delle fotografia a oggi hanno esplorato la relazione ingannevole tra visione e percezione della realtà, come George Méliès, Man Ray, Giorgio De Chirico, René Magritte, Florence Henri e Liu Bolin.