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Silence is a gift. (Ciro Battiloro)
Silence is a gift. (Ciro Battiloro)
Silence is a gift. (Ciro Battiloro)
Silence is a gift. (Ciro Battiloro)
Silence is a gift. (Ciro Battiloro)
Silence is a gift. (Ciro Battiloro)
Silence is a gift. (Ciro Battiloro)
Silence is a gift. (Ciro Battiloro)
Silence is a gift. (Ciro Battiloro)
Silence is a gift. (Ciro Battiloro)

Il silenzio di Napoli

“Ho avuto la fortuna di essere accolto nelle case e nelle vite delle persone.
Tutte le volte che entravo mi chiedevano se avevo mangiato e come stava la mia famiglia. Non è solo una forma di cortesia, ma il segno tangibile di qualcosa di più importante: la cura per l’altro”. Con questo parole Ciro Battiloro comincia a raccontare l’universo in cui si muove per realizzare i suoi lavori fotografici.

Battiloro è nato nel 1984 a Torre del Greco, a Napoli. Le sue immagini scattate nel rione Sanità sono state premiate ed esposte in molti festival italiani e internazionali. Ha cominciato a fotografare lì nel 2015: “In quel momento il quartiere era conosciuto come uno dei più complicati di Napoli. A me interessava lavorare sul tema delle marginalità urbane. Ma quello che da subito mi ha colpito e attratto è stata l’energia che si respirava nelle case”, racconta Battiloro.

Ciò che accomuna le foto di Battiloro è infatti la vicinanza con i soggetti, lo sguardo dolce ma allo stesso tempo non superficiale con cui mostra la realtà in cui è nato e cresciuto, e dove vive ancora oggi. “Il rione Sanità è stato costruito nel sedicesimo secolo, in una cava utilizzata come luogo di sepoltura nel periodo greco-romano. Il legame forte tra gli abitanti e la morte è una delle caratteristiche distintive del quartiere”. Nato come luogo di residenza per le famiglie nobili e aristocratiche, nel tempo il quartiere è diventato uno dei più poveri di Napoli: “È una realtà urbana a sé stante. Ma nonostante questo, ha saputo conservare la sua identità, e tra i suoi abitanti è cresciuto un forte senso di appartenenza”.

Una domenica pomeriggio, dopo pranzo, mentre camminava per il rione, Battiloro ha letto questa frase su un muro: “Il silenzio è un dono raro per questi vicoli, ma nella sua intima rivelazione, scopri l’anima nuda e immensa di un’umanità dimenticata”. Da qui è nato il titolo del suo primo libro, Silence is a gift (Il silenzio è un dono, Chose commune, aprile 2024) che è anche una dichiarazione d’intenti: “Ho la sensazione che il sud, e Napoli in particolare, siano raccontati spesso con narrazioni che devono fare rumore, attirare l’attenzione sfruttando gli stereotipi e il folklore. Ma in tutto questo rumore scompaiono i veri vissuti di questi posti, che rappresentano una ricchezza e custodiscono la memoria storica”.

Nel libro sono raccolte immagini scattate dal 2015 al 2021 nel rione Sanità, nel quartiere Santa Lucia di Cosenza e a Torre del Greco. È nato da un’idea di Cécile Poimbœuf-Koizumi, cofondatrice della case editrice francese Chose commune, che lavorando sull’archivio del fotografo ha pensato di mettere insieme le foto usando come fil rouge la prossimità con i soggetti. Le immagini in bianco e nero, che sembrano scattate in un’epoca lontana, a volte tratte da un film, sono accomunate da un modo di guardare lontano dalla spettacolarizzazione e dal voyerismo. Battiloro racconta inoltre che sono i soggetti a scegliere lui: “Non mi piace forzare le situazioni, lascio che siano gli incontri a guidarmi, non voglio rubare foto, ma è importante che la mia presenza sia accolta”.

La sua vita e il suo modo di vedere sono probabilmente la chiave che gli permette di raccontare quei luoghi e quelle persone, eliminando le distanze che li separano, da un lato facendoci dimenticare la sua presenza e dall’altro rendendo quello scatto immediatamente riconducibile al suo autore. “Per me la fotografia è un modo per fare i conti con la solitudine e per superarla grazie a una condivisione che diventa ricordo e creazione. Probabilmente solo chi ha vissuto grandi solitudini può realmente stare con gli altri”, spiega Battiloro.

Dopo aver scattato il fotografo mostra sempre le sue foto e porta le stampe alle famiglie che lo hanno accolto. “Spesso le trovo appese in casa. Le custodiscono come un album di famiglia, e di fatto lo è anche per me, visto tutto il tempo che abbiamo passato insieme”.

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