Conosciamo meglio la superficie della Luna, che si può esplorare con un telescopio, che la geografia degli abissi oceanici, oscurata dal manto dell’acqua che a una certa profondità diventa nero come la pece. In The brilliant abyss la biologa marina Helen Scales si tuffa in quelle acque buie e fredde, un territorio accidentato, complesso e mutevole, dove la vita prospera in forme impensabili. Oltre a essere regolatori climatici e pozzi di carbonio, gli abissi possono indurre riflessioni sulla possibilità di vita su altri pianeti. Ma laggiù si nascondono anche depositi di plastica, scorie nucleari, residui di perdite di petrolio che hanno trasformato intere regioni dei fondali in discariche velenose. Il fatto che il fondo degli oceani sia ricco di materie preziose peggiora la situazione. I danni ambientali che il loro sfruttamento intenso provocherebbe sono incalcolabili. L’inquietante conclusione a cui arriva Scales è che alla fine il mostro marino più pericoloso non è una creatura degli abissi, ma un mammifero che vive in superficie: l’essere umano.
The Economist

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Questo articolo è uscito sul numero 1419 di Internazionale, a pagina 85. Compra questo numero | Abbonati