Nel 2019 c’era voluto un mese prima che scattasse l’allarme su una nuova malattia respiratoria scoperta a Wuhan, e un altro mese prima che gli Stati Uniti sospendessero i voli dalla Cina. A quel punto il nuovo coronavirus si era già ampiamente diffuso in tutto il mondo. La recente identificazione in Sudafrica di una nuova e potenzialmente pericolosa variante del virus è arrivata invece nel giro di alcuni giorni. A poche ore dalla notizia sono scattati i divieti d’ingresso in vari paesi, e alcune misure sono state annunciate prima ancora che l’Organizzazione mondiale della sanità chiamasse la nuova variante con la lettera greca omicron (saltando rispettosamente la lettera xi, che avrebbe potuto offendere qualcuno in Cina).
L’ammirevole lavoro degli scienziati sudafricani e la loro esemplare trasparenza, insieme al rapido riconoscimento della minaccia rappresentata dalla variante omicron, dimostrano che negli ultimi due anni il mondo ha imparato molte cose su come affrontare le pandemie. Tuttavia il fatto stesso che la variante sia stata individuata tempestivamente, a partire da pochi dati, significa che la sua natura resterà poco chiara finché non saranno condotte ulteriori ricerche. Il mondo ha guadagnato tempo prezioso, ma il vero test sarà vedere come lo userà.
Una delle priorità è rispondere ad alcune domande urgenti. La più importante riguarda la possibilità che la omicron soppianti la delta, la variante che solo in Europa è responsabile di 2,5 milioni di nuovi casi alla settimana. I primi dati raccolti in Sudafrica suggeriscono che la omicron si trasmetta molto rapidamente. L’ipotesi che la variante fosse già molto diffusa nel paese può spiegare come mai dei casi isolati stiano emergendo in tutto il mondo.
Ma alcuni fattori complicano le cose. Il tasso di vaccinazione in Sudafrica è piuttosto basso, e fino a poco tempo fa i casi registrati erano appena l’1 per cento rispetto al picco di luglio. Forse questo ha favorito la diffusione della variante omicron, alimentata anche da una serie di eventi di superdiffusione. Altre varianti, come la gamma e la lambda, sono sembrate pericolose per un po’ e poi sono svanite. Yonatan Grad, che insegna immunologia e malattie infettive ad Harvard, ha scritto su Twitter che potrebbero servire da due a quattro settimane per valutare adeguatamente la trasmissibilità della variante.
Prove aneddotiche
Un altro interrogativo riguarda la possibilità che la omicron provochi forme gravi della malattia. I primi resoconti sui casi lievi in Sudafrica non sono decisivi per rispondere a questa domanda, perché molti di questi casi potrebbero riguardare sintomi leggeri che si sono manifestati soprattutto in persone giovani e dunque meno vulnerabili a tutte le varianti del covid-19.
Per fare un confronto con le altre varianti gli scienziati hanno bisogno di osservare un numero sufficiente di casi in tutte le fasce d’età e in pazienti con altre malattie che aumentano la pericolosità del virus, come l’insufficienza renale cronica e il diabete. Un aspetto da tenere presente è che se la omicron dovesse rivelarsi meno aggressiva della delta, ma molto più contagiosa, potrebbe comunque portare a un aumento dei ricoveri e dei decessi. Grad ritiene che per valutare la gravità della nuova variante potrebbero volerci uno o due mesi. Una terza domanda riguarda il grado di protezione offerto dai vaccini, da un contagio precedente e dai farmaci. In questo caso i motivi di preoccupazione sono soprattutto teorici. La omicron presenta circa trenta mutazioni sulla proteina spike, alcune delle quali potrebbero aiutare le particelle virali a penetrare nelle cellule umane, mentre altre potrebbero contrastare il lavoro degli anticorpi. Il genoma virale contiene altre venti mutazioni, e anche alcune di queste potrebbero essere pericolose. Esistono prove basate su pochi episodi di contagi tra persone che hanno completato la vaccinazione, ma questo non sorprende visto che succede anche con la variante delta. Ciò che è importante verificare è la frequenza con cui le persone vaccinate s’infettano, con che facilità trasmettono il virus e soprattutto che proporzione di questi contagi finisce con un ricovero in terapia intensiva o con una morte prematura. Grad prevede che i dati sui vaccini saranno disponibili nel giro di una o due settimane.
Grado di contagiosità
Forse la omicron non avrà grandi conseguenze. Ma in ogni caso i governi dovrebbero usare il tempo a loro disposizione per prepararsi al peggio. I divieti d’ingresso e gli obblighi di quarantena rallenteranno la diffusione fuori dal Sudafrica, riducendo il numero di focolai innescati dagli arrivi dall’estero. A sua volta questo aiuterà i sistemi di tracciamento a tenere il passo.
Tuttavia la omicron potrebbe presto rivelarsi talmente contagiosa da sopraffare il tracciamento. Se così fosse, la trasmissione locale diventerebbe rapidamente più importante rispetto ai casi provocati dai viaggi internazionali. A quel punto i divieti d’ingresso dovrebbero essere immediatamente revocati: dopotutto, mantenerli vorrebbe dire punire il Sudafrica per essersi comportato bene.
Un secondo obiettivo sarà la produzione di nuovi vaccini da parte delle case farmaceutiche. I vaccini prendono di mira la proteina spike, e quella della omicron è estremamente mutata. I vaccini a mRna possono essere modificati rapidamente con il genoma della nuova variante, testati e poi prodotti su larga scala. Le aziende dicono che ci vorranno poco più di tre mesi. Gli altri vaccini sono più difficili da adattare, e i tempi potrebbero essere più lunghi, ma il lavoro è già cominciato.
◆ Nella settimana dal 23 al 30 novembre 2021 i nuovi casi di covid-19 registrati in Sudafrica sono aumentati in media di 2.756 al giorno. Dall’inizio della pandemia i contagi sono stati 2,96 milioni con quasi novantamila morti. Secondo Shabir Mahdi, esperto di vaccini dell’università del Witwatersrand, a Johannesburg, è l’inizio di una quarta ondata, causata dalla variante omicron. Il 19 per cento dei test fatti risulta positivo al sars-cov-2. I casi sono concentrati nella provincia di Gauteng, quella di Johannesburg e Pretoria, la più popolosa. News24
Resta da capire se abbia davvero senso somministrare questi nuovi vaccini. Jeremy Farrar, capo dell’organizzazione benefica Wellcome Trust, sottolinea che il vaccino ideale è quello ottimizzato per agire contro diverse varianti in circolazione. Specializzarsi su una variante particolare come la omicron potrebbe non essere la strategia migliore.
Nel frattempo i governi possono accelerare i programmi per la somministrazione del richiamo partendo dal presupposto ragionevole secondo cui i vaccini attuali offrono una protezione almeno parziale contro la nuova minaccia. Fare la terza dose ha senso a prescindere dal fatto che la omicron diventi o meno dominante, perché l’obiettivo del richiamo è proteggere contro la delta, la variante che sta travolgendo l’Europa e minaccia nuovamente gli Stati Uniti.
Se la omicron comincerà a diffondersi, i governi dovranno tornare ad affidarsi anche agli interventi non farmaceutici. I meno invadenti sono l’obbligo di indossare una mascherina, il mantenimento della distanza di due metri, il lavoro da remoto e il miglioramento della ventilazione degli ambienti chiusi. Se la omicron è davvero molto più contagiosa della delta, lo sforzo necessario per fermarne la diffusione dovrà essere proporzionale. I lockdown d’intensità crescente sono come sempre l’ultima spiaggia, da usare solo quando l’aumento dei casi rischia di sopraffare il sistema sanitario.
Affinché tutto questo funzioni, i governi dovranno sapere quando è il momento di agire. E per questo è necessario comprendere come la nuova variante si sta diffondendo. Per un caso fortuito, se è presente la omicron, i normali test pcr (tamponi molecolari) non rilevano uno dei geni bersaglio a causa di una mutazione. I test pcr sono più rapidi ed economici rispetto al sequenziamento completo del virus, di conseguenza possono servire per dare indicazioni approssimative sulla diffusione della omicron (anche se non sono infallibili, dato che altre varianti si comportano nello stesso modo).
In ogni fase della pandemia i governi hanno sbagliato. Ma l’errore più comune è stato quello di agire troppo tardi, quando i casi erano ormai fuori controllo. Con la omicron il Sudafrica gli ha regalato tempo prezioso. Come se la caveranno stavolta?◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1438 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati