Gli statunitensi sono ancora statunitensi quando espatriano, o diventano qualcos’altro? E se diventano qualcos’altro, si chiede Diane Johnson nel suo affascinante nuovo romanzo, possono tornare a essere statunitensi? La sessantenne storica dell’arte e nonna Lorna Mott Dumas ha vissuto per vent’anni in un piccolo villaggio provenzale con il suo secondo marito, Armand-Loup, fino a quando la prova della promiscuità del coniuge ha distrutto l’idillio e l’ha rimandata a San Francisco nella speranza di voltare pagina. Lorna arriva durante la recessione del 2008, stupita dai cambiamenti avvenuti nella città dov’è nata durante la sua assenza: costi immobiliari impossibili insieme a un aumento del grigiore e del disagio nella qualità della vita per tutti tranne che per i più ricchi, per non parlare dell’ubiquità di uno strano tipo di malcontento. Lorna non ha molti risparmi e ha bisogno di rianimare la sua carriera nel circuito delle conferenze d’arte. Vuole anche essere un sostegno per i tre figli del suo primo matrimonio, che stanno affrontando una combinazione di affitti alti, investimenti sbagliati e rette proibitive. L’unica persona senza problemi di soldi è il primo marito di Lorna, Ran, che si è risposato con una persona ricchissima, ma è turbato dalla salute della figlia adolescente gravemente diabetica e piuttosto spericolata, Gilda. Ne consegue una deliziosa commedia di costume che coinvolge l’intera famiglia allargata. Il romanzo spicca per la sua salutare assenza di puritanesimo. Johnson tratta il sesso e altri segreti con un atteggiamento divertito imparato in Francia.
Sam Sacks,
The Wall Street Journal
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Questo articolo è uscito sul numero 1448 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati