Il romanzo è diviso in due parti, la prima ambientata nel 1986, la seconda nel 2017. James, a disagio con i suoi genitori, è sempre ben accolto dalla madre del suo amico Tully. Quanto a Tully, è vitale, gentile, esuberante. Anche se nessuno dei due è gay bacerà James, che chiama Noodles, solo come segno di affetto. L’evento culminante della prima parte è un viaggio estivo a Manchester con un gruppo di amici per un festival musicale. È raccontato con notevole brio e una certa intelligenza, e per molti lettori sarà un viaggio nostalgico sul viale dei ricordi. Anche se i personaggi sono ben caratterizzati e la sensazione di un’avventura felice e libera da ogni preoccupazione è resa efficacemente, questa parte manca di freschezza: non si può fare a meno di pensare di avere già letto troppo spesso cose simili, pur riconoscendo che è uno spaccato di vita convincente. La seconda parte è più avvincente. James ha fatto molta strada. È a una cena in cui l’ospite d’onore è un suo amico, un romanziere ungherese ottantenne. Arriva una chiamata da Tully. Ora Tully è un insegnante in una scuola difficile e suona ancora in una band. È anche fidanzato con Anna, avvocata di successo. Ma ha un cancro terminale. Ha deciso che andrà in Svizzera per il suicidio assistito. Anna è contraria e ha bisogno dell’aiuto di Noodles. Ma prima ci sarà un matrimonio e poi, qualche mese dopo, la morte. Tully ha vissuto la vita alle sue condizioni ed è determinato a morire nello stesso modo. Ha reso più vive le vite degli altri, come giudicare allora il modo di morire che ha scelto? L’amore e la morte sono i due grandi temi dell’arte, e questo è il raro caso di un romanzo sulla morte che migliora la vita.
Allan Massie, The Scotsman
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Questo articolo è uscito sul numero 1453 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati