Otared, il terzo romanzo di Mohammad Rabie, si apre con un omicidio così orribile da scuotere il lettore e catturare la sua attenzione. Poi non torna più su quell’uccisione, ma le morti rimangono al centro del mistero. L’omicidio in apertura avviene durante una celebrazione della fine del Ramadan nell’Egitto di oggi. Il resto del libro si svolge tra il 2025, il gennaio 2011, e il 1063 dC. Le sezioni ambientate nel 2025 sono narrate dall’assassino, il capitano di polizia Ahmed Otared, il cui cognome significa Mercurio, come il nome del pianeta. A prima vista, il romanzo si presenta come una storia apocalittica sull’Egitto del futuro. Nel 2025, Il Cairo è una città divisa, simile alla Beirut della guerra civile. La parte orientale è occupata dai Cavalieri di Malta, mentre quella occidentale è sotto il controllo nominale della “resistenza” guidata dalla polizia egiziana. È una resistenza strana e capovolta, con a capo solo dei corrotti, che sembrano avere un unico strumento nel loro arsenale patriottico: la violenza. Il capitano Otared è uno degli eroi della resistenza. Per due anni si apposta come cecchino sulla torre del Cairo, uccidendo importanti funzionari governativi e altri obiettivi. Questi omicidi sono un’eco delle uccisioni dei cecchini – stimate in più di ottocento – avvenute al Cairo nel gennaio e febbraio 2011 durante la cosiddetta primavera araba. Quando l’azione torna al gennaio 2011 e si concentra su una famiglia della classe media, è un sollievo. Zahra, quattro anni, è stata abbandonata a scuola. La madre è morta e il padre è scomparso. È accolta da una collaboratrice scolastica durante il tumultuoso inverno. Ma questa tenera realtà si trasforma presto in un altro orrore, e assistiamo all’incubo reale delle vite egiziane emarginate. Quando torniamo nel 2025, le cose sono ancora peggiorate. Leggere Otared è come essere costretti a guardare le foto dell’inferno.
M. Lynx Qualey, The National

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Questo articolo è uscito sul numero 1495 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati