Nel 1824 Johann Christian Woyzeck fu decapitato sulla pubblica piazza di Lipsia per aver ucciso una donna con cui aveva avuto una relazione. Sebbene avesse confessato l’omicidio e la gelosia che l’aveva provocato, ne scaturì una controversia su quello che oggi è noto come ricorso all’attenuante dall’infermità mentale. Woyzeck, un vagabondo analfabeta che aveva combattuto nelle guerre napoleoniche, affermò di sentire delle voci che gli dicevano di uccidere la donna, ma il medico legale lo dichiarò abbastanza sano di mente da poter essere ritenuto responsabile. Questi risultati furono contestati e per anni si svolse un acceso dibattito sulle riviste mediche. A un certo punto questi articoli devono essere arrivati all’attenzione di Georg Büchner, che al caso dedicò un breve dramma incoerente e incandescente. W. del romanziere svedese Steve Sem-Sandberg è l’ultima di molte opere su Woyzeck. Sem-Sandberg trae la sua storia dalla vita reale di Woyzeck invece che dalle numerose distorsioni dell’opera di Büchner. Si apre con l’inchiesta della polizia dopo che Woyzeck è stato arrestato per aver ucciso la vedova Johanna Woost. Il consigliere di corte Hofrat Clarus è stato incaricato d’interrogarlo e il romanzo racconta la lunga confessione biografica che Woyzeck rilascia a Clarus, che deciderà se dovrà essere giustiziato o meno. Quella di Büchner è un’opera di terrore metafisico. Nel bel romanzo di Sem-Sandberg la tragedia è più realistica ma anche più circoscritta.
Sam Sacks,The Wall Street Journal
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1500 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati