◆ Questa foto, scattata da un astronauta a bordo della stazione spaziale internazionale, mostra il lago d’Aral, un bacino senza emissari al confine tra Kazakistan e Uzbekistan.

Un tempo era il terzo lago più grande del mondo per estensione, e le sue acque coprivano quasi tutta l’area mostrata dall’immagine. Ma a partire dagli anni sessanta la sua superficie si è ridotta del 90 per cento a causa della deviazione delle acque dei fiumi Amu Darya e Sir Darya, usate per irrigare i campi di cotone e altre colture. Alla fine degli anni ottanta il lago si è diviso in due bacini, il Piccolo Aral e il Grande Aral. La scomparsa del lago è considerata uno dei peggiori disastri ambientali causati dalle attività umane e ha distrutto l’industria della pesca, che dava lavoro a decine di migliaia di persone. Ma nel 2005 la costruzione della diga di Kokaral ha fermato il prosciugamento del Piccolo Aral, il cui livello è tornato a salire.

A sudest il letto asciutto si è trasformato nel deserto di Aralkum, che si estende per 62mila chilometri quadrati. La rapida desertificazione ha scatenato tempeste di sabbia e polvere, peggiorando la qualità dell’aria nella regione.

Nella lingua locale aral significa isola. In passato il lago ne contava più di 1.100. La riserva naturale di Barsa Kelmes si trova su una di queste, tra il Piccolo Aral e quello che resta del Grande Aral, e costituisce l’habitat di centinaia di specie animali e vegetali. Nella riserva è in corso un progetto di riforestazione con saxaul nero, un arbusto locale, che dovrebbe favorire la ripresa della flora e della fauna native e fermare l’erosione del suolo, limitando le tempeste di sabbia.–Nasa

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Questo articolo è uscito sul numero 1567 di Internazionale, a pagina 129. Compra questo numero | Abbonati