I giovani ruandesi cresciuti negli anni successivi al genocidio hanno ereditato le cicatrici e i sogni di un intero paese. Ma hanno coltivato la speranza, perché da allora il Ruanda è diventato una terra di opportunità alimentate dalla crescita economica. Ma qualche trauma, a quanto pare, resta inesplorato. È qui che entra in gioco la kinyatrap, genere musicale nato nei primi anni duemila attingendo all’hip-hop di Atlanta. In quegli anni a Kigali un collettivo di ragazzi ha preso in mano il microfono e ha cominciato a rappare sulla propria realtà quotidiana. B-Threy è uno di questi. Prendendo il testimone dalla generazione pionieristica dell’hip-hop che si esprimeva sui ritmi boom-bap, B-Threy e i suoi amici, come Dr. Nganji e Bushali, si sono fatti un nome per le strade della capitale. “La kinyatrap è scaturita dalle ferite e dalle speranze della generazione nata dopo il genocidio del 1994”, afferma B-Threy, intervistato dal regista Michiel Robberecht in un documentario di tredici minuti. Rimasto orfano di madre, il musicista racconta come la kinyatrap sia diventata una nuova famiglia capace di unire un’intera generazione, al punto da diventare la musica più popolare tra i giovani della capitale ruandese. “Sono affascinato dall’energia cruda ed esplosiva di questi giovani musicisti. La kinyatrap, con i suoi suoni crudi, sembrava scuotere il silenzio ovattato che spesso ricopre la città di Kigali”, commenta Robberecht.
Pan African Music
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Questo articolo è uscito sul numero 1567 di Internazionale, a pagina 114. Compra questo numero | Abbonati