L’invenzione del futuro
di Danilo Dolci

◆ Franco Lorenzoni rende un gran servizio ricordando Danilo Dolci con questo articolo preciso e illuminante per chi non dovesse conoscere la figura del pedagogista (internazionale.it). Se il nostro paese si meritasse un pantheon laico, Danilo Dolci dovrebbe entrarci di diritto. Sono convinto che nemmeno chi pensa di conoscerlo abbia compreso a fondo l’attualità dei suoi messaggi, sia nel contenuto sia nei metodi con cui li veicolava. Danilo Dolci non smette di interrogarci, e la sua attualità è lì a dimostrarci che nulla è cambiato. Anche se in Italia non ci sono più bambini che muoiono di fame (ma ne siamo sicuri?) rimane il tema irrisolto del rapporto tra popolo e potere con tutta la distanza che oggi esiste tra i due soggetti e il ruolo imprescindibile di una disobbedienza intelligente, non violenta, costruttiva. Infine Danilo Dolci è un ottimo strumento per indagare le interdipendenze di questa frenetica modernità. Ne saremo degni?
Fabio Di Gioia

Piccoli vegetariani

◆ Non condivido la risposta nella rubrica di Dear Daddy alla lettrice che intende proporre un’alimentazione esclusivamente vegetariana a suo figlio (Internazionale 1568). Tutto bene per la testimonianza e il ruolo di apripista. Ma uno dei presupposti è errato: la scienza non è concorde sulla non pericolosità di una dieta vegetariana o vegana per i bambini. Non ci sono studi sufficienti. Pochi sporadici casi non fanno la ricerca. Credo che questo aspetto avrebbe dovuto essere sottolineato.
Lisetta Acquati

Gaza 2024

◆ Vorrei manifestare la mia gratitudine per la pubblicazione della storia di Joe Sacco (Internazionale 1567). La comprensione della sofferenza umana può essere quanto meno sfiorata solo da un racconto umano. Chi cerca di soppesare col bilancino lo spazio dato alle tante guerre che sconvolgono il mondo, proponendo paralleli fuorvianti e capziosi con quella in Ucraina (come fa la lettrice Sara Bianchi nella lettera pubblicata la scorsa settimana), non solo sembra ignorare lo sforzo della vostra rivista di dare spazio anche ai conflitti dimenticati (con tanto di volume intitolato Guerre e pubblicato con Bur pochi mesi fa); soprattutto, non coglie lo specifico disumano delle guerre che cita, in particolare di quello che sta avvenendo a Gaza mentre noi facciamo i nostri soliti distinguo: “Perché alcuni possano vivere, gli altri devono morire”, come scrive Soulayma Mardam Bey nello stesso numero.
Nicola Cocco

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Questo articolo è uscito sul numero 1569 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati