Nel 1824 il principe Guglielmo di Prussia fece una partita a Kriegsspiel, un gioco di guerra ideato alcuni decenni prima come una forma di scacchi più militarmente realistica. Il tabellone era una mappa dettagliata di un campo di battaglia, i pezzi erano vari tipi di formazione militare e una partita durava dodici giorni. Fu talmente impressionato che rese obbligatoria la conoscenza del gioco a tutti gli ufficiali prussiani. Nel 1871 gran parte del merito della vittoria delle truppe di Guglielmo nella guerra franco-prussiana fu attribuito all’esperienza con Kriegsspiel. Questo è uno dei tanti esempi che la neuroscienziata e fisica Kelly Clancy cita in Playing with reality, un’ampia indagine su come i giochi possono modellare la realtà. Si parte dal rinascimento e dalle prime teorie delle probabilità, concepite per comprendere i giochi d’azzardo, e si arriva alla rivoluzione digitale. Secondo Clancy, tuttavia, i giochi sono “una mappa che distorce il territorio”, perché pur avendo una loro coerenza interna, non rispecchiano necessariamente la realtà.
The Economist

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Questo articolo è uscito sul numero 1569 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati