Nelle strade di Teheran descrive dall’interno la recente ondata di proteste in Iran. Questo racconto, pervaso da un amore appassionato per la libertà ma anche per la cultura iraniana e per la lingua persiana, è stato scritto da una donna che vive a Teheran ed è costretta a pubblicare all’estero con lo pseudonimo di Nila. Racconta gli arresti, gli stupri, le esecuzioni e giunge alla difficile conclusione che “la rabbia e il disgusto per la repubblica islamica non basteranno per distruggerla”. Ma descrive anche la propria gioia nel vedere “tutte quelle teste piene di furore ed entusiasmo con i capelli sciolti”. Ma soprattutto Nila riesce a vedere i legami tra la situazione iraniana e le rivendicazioni che agitano il resto del mondo: “Il patriarcato contro cui lottiamo è intimamente legato alla religione imposta dal regime, ma le sue radici sono talmente diffuse nel mondo che le nostre lotte sono le stesse delle donne e delle altre minoranze fuori dalle nostre frontiere”. Nila osserva e lotta a Teheran, le sue parole però risuonano fuori dei confini del suo paese. Fin dalle prime pagine l’autrice dice che cercherà di trovare, seguendo le manifestazioni quotidiane per le strade di Teheran, non solo “la destinazione di un movimento o di una rivoluzione nascente” ma prima di tutto “la speranza” grazie alla quale la rabbia diventerà molto più forte della paura. Il grande merito di un libro come Nelle strade di Teheran è quello di rendere davvero universale la lotta delle donne iraniane.
Sophie Benard, Le Monde

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Questo articolo è uscito sul numero 1571 di Internazionale, a pagina 79. Compra questo numero | Abbonati