Dopo aver letto Lanark, pubblicato nel Regno Unito per la prima volta nel 1981, Anthony Burgess ha descritto Gray come il più importante romanziere scozzese dopo Walter Scott. Questo recensore non è qualificato per mettere in dubbio la sua argomentazione, ma sicuramente gli fa venire in mente Robert Louis Stevenson. Possiamo dire che se Lanark non somiglia a nessun altro romanzo scozzese ha però dei precedenti: in Bunyan, in Blake e in Dante. Il romanzo è completato dai disegni dell’autore, neri, essenziali e notevolmente somiglianti, nel loro effetto, alla sua scrittura. Lanark, sottotitolato Una vita in 4 libri, comincia dal libro tre, seguito dai libri uno, due e quattro. In una città piovosa, grigia e spopolata chiamata Unthank qualcosa non va con il sole; sorge ma non brilla come dovrebbe. Un giovane che non ricorda il proprio nome o come sia finito lì, si sceglie il nome di Lanark che vede stampato sotto la foto di un paesaggio. Questo libro ha un sapore provinciale, sia per il taglio angusto della sua visione sia per le dimensioni delle sue ambizioni. È una strana Divina Commedia cripto-calvinista, spesso severa ma mai davvero perfida. Sempre onesta ma non sempre saggia. Sicuramente Lanark va letto; gli si dovrebbe dare ogni occasione per arrivare a quei lettori – perché di lettori potenziali ne ha, non solo scozzesi – per i quali per poco tempo o per tutta la vita può diventare il romanzo di cui non potrai mai più fare a meno.
John Crowley, The New York Times (1985)
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Questo articolo è uscito sul numero 1572 di Internazionale, a pagina 83. Compra questo numero | Abbonati