È una bella storia di complicità che si svolge attraverso uno scambio di messaggi e di immagini. Ma è anche la storia triste di una vita difficile, il cui epilogo somiglia a un grande sorriso. Chiou Taur Wu è nata nel 1948 a Pingtung, un villaggio di pescatori nel sud di Taiwan. A quell’epoca l’isola era povera e la vita nelle campagne era dura, come quella della famiglia di Wu: “A casa eravamo cinque figli e i nostri genitori non avevano abbastanza coperte per tenerci al caldo. Io ho avuto le prime scarpe a quindici anni. Abbiamo cominciato a lavorare molto presto per aiutare i nostri genitori nei campi. Le vacanze non esistevano, neanche per i più piccoli”. A questo poi bisogna aggiungere il clima di terrore alimentato dal regime del generale Chiang Kai-shek alla guida del Kuomintang, il partito nazionalista cinese: “La nonna ci diceva: ‘Parlate solo delle cose della vostra vita, non vi lamentate mai del governo altrimenti la polizia vi verrà a prendere!’. Così ogni volta che vedevo dei poliziotti o dei militari correvo a nascondermi sotto il letto”.
L’arrivo in Italia
Dopo aver studiato continuando ad aiutare i genitori nel lavoro dei campi, Wu è stata mandata a Taipei dove ha lavorato, in condizioni molto dure, in una fabbrica statunitense di componenti elettroniche per televisori, poi in una giapponese dove il suo stipendio, più alto, le ha permesso di mandare regolarmente denaro alla famiglia e di far continuare la scuola ai fratelli. Ma Wu voleva studiare e ha passato in segreto un esame di elettronica riuscendo a diplomarsi. Suo padre però non le ha permesso di proseguire: “Tu sei una ragazza e ti sposerai! Studiare non ti serve a niente”. Così è dovuta tornare a lavorare in una fabbrica vicino a casa, un’impresa cinese che produceva lana e dov’era di nuovo sfruttata. “Era un lavoro molto faticoso. Dovevamo rimanere in piedi tutto il giorno per controllare dei grandi telai e ci trattavano male. Non potevamo mai fermarci, eravamo come dei robot. Così dopo qualche tempo, sfinita, sono tornata a Taipei”.
È qui che, passeggiando al porto con gli amici, ha incontrato Erminio, un italiano che lavorava come elettricista su una delle molte navi portate a Taipei per essere smantellate. Dopo averla molto corteggiata, le ha chiesto di sposarlo. “Gli ho detto di sì perché ho pensato che se fossi andata con lui in Italia, nessuno mi avrebbe più detto quello che dovevo fare e avrei potuto studiare! Così il capitano della nave ci ha sposato in un albergo di Taipei”. Ma il sogno italiano è durato poco. Wu si è ammalata ed Erminio non voleva sostenere le spese per le cure, così Wu è stata costretta a lavorare nonostante le sue condizioni.
Incontri fortunati
Nel 1982 i genitori della fotografa Martina Bacigalupo avevano assunto Wu per occuparsi di lei, che all’epoca aveva solo quattro anni, e del fratellino più piccolo. Nel frattempo Wu aveva capito che il marito la tradiva, le mentiva, non lavorava e spendeva al gioco tutto quello che lei gli dava. Di fatto erano pieni di debiti. Alla fine Erminio, che rifiutava di divorziare, riprese il suo lavoro fino al giorno in cui il capitano della nave su cui navigava telefonò a Wu per annunciarle che il marito era morto a causa di un ictus. “Per anni ho continuato a lavorare per ripagare i suoi debiti fino all’ultimo centesimo”, ha raccontato Wu a Bacigalupo. “Poi sono tornata a Taiwan. Tu eri incinta di Nina quando sono partita, ricordi? Sono andata a vivere nella casa di mio fratello a Taipei. Non avevo più l’appartamento che avevo comprato quando lavoravo in fabbrica, perché l’avevo dato a un altro mio fratello per ringraziarlo di essersi occupato dei nostri genitori durante la mia assenza. Quando sono tornata a Taiwan avevo l’impressione di essere in un nuovo paese. Non capivo più nulla. I miei fratelli mi hanno suggerito di andare in piscina per farmi degli amici. Tutte le mattine c’era un corso di nuoto gratuito per le persone di più di 65 anni, e qui ho incontrato una donna che frequentava delle lezioni di danza e mi ha proposto di andarci con lei. Non avevo mai pensato di ballare, ma ho risposto: ‘Sai che ti dico? Vengo con te!’”.
Questi incontri hanno cambiato la vita di Wu e le hanno permesso di crearne una nuova a settant’anni, con il nuoto, il ballo, la ripresa degli studi in informatica e una rivelazione: i viaggi. “Ho avuto fortuna. C’è qualcosa o qualcuno che mi ha aiutato. Sono andata in un parco e ho trovato la scuola. Sono andata in piscina e ho scoperto il ballo. Sono andata a ballare e ho scoperto i viaggi! A lezione di ballo una donna ha chiesto: ‘Chi vuole accompagnarmi a Zhangjiajie, in Cina?’. Non costava molto, così ho subito detto, io! Non ero mai andata in vacanza, né in Italia né a Taiwan, e ho pensato: è arrivato il momento di cominciare! Quel primo viaggio in Cina è stato meraviglioso, pieno di novità. Dopo un po’ la stessa donna è tornata e mi ha detto: ‘Ripartiamo?’. ‘Dove?’, ho chiesto. ‘Andiamo in Corea!’”.
Durante i suoi corsi d’informatica Wu ha scoperto Skype, e questo le ha permesso di restare in contatto con Bacigalupo, che nel frattempo era diventata fotografa. Bacigalupo ha vissuto per dieci anni nella regione dei Grandi laghi, in Africa, concentrandosi su temi sociali e collaborando con delle ong. Per uno dei suoi lavori più famosi (Internazionale 912) ha recuperato nella spazzatura del più antico studio fotografico di Gulu, in Uganda, i resti di alcune foto che erano usate per i documenti d’identità. Nel 2013 ne ha fatto un libro, intitolato Gulu real art studio (Steidl), che raccoglie queste sconcertanti figure fotografate in piano americano, da cui sono stati prelevati i volti per le carte d’indentità e altri documenti.
Per dieci anni Wu ha mandato a Bacigalupo via Skype centinaia di foto e video dei suoi viaggi a Taiwan, in Cina, Corea del Sud, Giappone, Vietnam, Thailandia. Immagini divertenti e spontanee in cui indica spesso con il dito o con le mani quello che la colpisce e che vuole condividere: una cascata, uno squalo, una grossa balena, una moto, l’autobus su cui viaggia, le scenografie nei parchi e nei grandi centri commerciali.
Nel 2024 alcune di queste immagini sono state raccolte in un libro di piccolo formato, intitolato I’m showing you how big the sky is (L’Artiere), che è un album semplice e immediato di felicità. Alla fine del libro, in un inserto, sono raccolti i commenti di Wu legati a ogni immagine. Nel testo introduttivo Bacigalupo scrive a Wu che questo è il suo libro.
Concludiamo lasciando la parola ancora una volta a Chiou Taur Wu: “Stamattina sono andata a ballare e poi al mercato. Nel pomeriggio sono andata a nuotare, poi sono rientrata a casa e ho trovato il tuo messaggio e abbiamo avuto una piacevole conversazione. Adesso vado a dormire contenta, perché ho passato una bella giornata”. ◆ adr
Il libro I’m showing you how big the sky is è stato pubblicato dalla casa editrice L’Artiere nel 2024. Contiene testi di Chiou Taur Wu e Martina Bacigalupo. La prima edizione ha avuto una tiratura di 500 copie.
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Questo articolo è uscito sul numero 1574 di Internazionale, a pagina 112. Compra questo numero | Abbonati