Israele ha condotto circa ottocento attacchi contro vaste aree del Libano del sud e della valle della Beqaa il 23 settembre, in quella che il suo esercito ha chiamato “Operazione frecce del nord”. I bombardamenti hanno ucciso intere famiglie e hanno spinto decine di migliaia di persone a scappare verso nord. Diversi villaggi sono stati colpiti per la prima volta dall’inizio degli scontri sul confine. Gli attacchi sono proseguiti anche i giorni successivi e hanno provocato circa 560 morti, tra cui una cinquantina di bambini, e migliaia di feriti (dati aggiornati al 25 settembre).

In seguito a un rapido aumento delle tensioni, l’esercito israeliano ha promesso bombardamenti “più estesi” contro Hezbollah, lanciando avvertimenti alla popolazione libanese. Nel corso della giornata i miliziani sciiti hanno bussato porta a porta nel distretto di Nabatiyeh nel Libano del sud e nei quartieri meridionali di Beirut per invitare gli abitanti a lasciare le loro case e andare in luoghi più sicuri.

Poco prima delle 19, ora locale, le forze aeree israeliane hanno condotto quello che hanno definito un “attacco mirato” sui quartieri meridionali di Beirut, con lo scopo di colpire Ali Karaki, che secondo Israele è responsabile delle operazioni di Hezbollah nel sud del Libano. Il movimento ha dichiarato che Karaki è vivo e illeso. Il ministero della salute ha invitato tutti gli ospedali delle regioni colpite dai bombardamenti a sospendere gli interventi non urgenti per dare la priorità alla cura delle persone ferite nell’“aggressione israeliana contro il Libano”.

Nel pomeriggio della stessa giornata i mezzi d’informazione israeliani hanno riferito di attacchi “pesanti” provenienti dal Libano e diretti verso il centro e il nord di Israele. Le sirene hanno suonato a Haifa, Tel Aviv e nella Cisgiordania occupata. Secondo l’esercito israeliano entro la serata Hezbollah aveva lanciato 210 razzi contro il nord di Israele. Non è chiaro quanti missili siano stati intercettati e quanti abbiano raggiunto terra, ma i militari hanno parlato di “alcuni” razzi caduti in zone aperte della Cisgiordania.

Hezbollah ha dichiarato di aver lanciato decine di razzi contro l’importante base militare di Ramat David, a sudest di Haifa, e contro la sede dell’azienda di tecnologie militari Rafael advanced defense system, nota per aver prodotto le strutture dello scudo missilistico Iron dome, a nord di Haifa. Altri razzi hanno preso di mira un quartier generale dell’esercito a Ein Zeitim e quello di un battaglione nelle caserme di Yoav, oltre ad alcuni depositi nella base di Nirma, nel nord del paese.

La mattina del 23 settembre l’esercito israeliano aveva annunciato il lancio di una “vasta operazione” di bombardamenti contro obiettivi di Hezbollah in Libano. I corrispondenti nel Libano orientale e meridionale hanno riferito di attacchi su decine di siti nella valle della Beqaa fino a Hermel e nel sud del Libano, dove varie città sono state colpite per la prima volta.

In prima pagina

◆ “Il Libano in un tunnel nero”, titola il quotidiano centrista libanese An Nahar, pubblicando una cartina con le città colpite da Israele il 23 settembre 2024. “È successo quello che tutti temevano: il Libano si trova sotto i più estesi bombardamenti israeliani dal 2006. La guerra è arrivata sulla scia delle mosse avventate compiute da Hezbollah in ‘sostegno a Gaza’”. Ma, continua il giornale, non è il momento delle recriminazioni: “Non dobbiamo cadere nella trappola di Israele, che vuole attizzare le lotte interne per scatenare una guerra fratricida”.


L’esercito israeliano ha invitato le persone a “stare alla larga dagli obiettivi legati a Hezbollah” nel Libano meridionale. È il primo avvertimento del genere rivolto alla popolazione libanese dall’inizio della guerra l’8 ottobre. Gli abitanti del Libano meridionale hanno ricevuto messaggi “da israeliani” e telefonate in cui sono stati invitati a “stare lontano da villaggi con edifici dove Hezbollah immagazzina le armi”. I ministeri libanesi dell’informazione e della cultura hanno ricevuto una telefonata da “una persona che parlava arabo con accento occidentale”, che gli diceva di lasciare il più rapidamente possibile i loro uffici a Hamra, un quartiere occidentale di Beirut, “perché sono un bersaglio”. Secondo Imad Kreidieh, amministratore delegato dell’azienda di telecomunicazioni Ogero, in tutto il paese sono state registrate più di 80mila telefonate probabilmente provenienti da Israele, nelle quali si comunicava alle persone di andarsene. Queste telefonate rappresentano “una forma di guerra psicologica per creare panico e caos”, ha affermato.

Fuoco incrociato
Numero di attacchi tra Israele e Hezbollah dal 7 ottobre 2023 al 6 settembre 2024 (Fonte: Acled)

Piano di emergenza

In risposta agli attacchi, decine di migliaia di abitanti del Libano meridionale hanno deciso di lasciare la regione, creando imponenti ingorghi stradali. Alla luce di questo esodo, il ministero dell’interno ha deciso di aprire alcune scuole pubbliche e istituti professionali in varie zone del paese per offrire ospitalità agli sfollati. Il ministero della sanità ha comunicato che il piano di emergenza è operativo e che alcune squadre mobili si occuperanno di monitorare la situazione. Il governo ha chiesto anche aiuti internazionali per gestire la crisi. Il 23 settembre, inoltre, il ministero dell’istruzione libanese ha annunciato la chiusura delle scuole pubbliche e private, degli asili nido e delle università.

Questi sviluppi arrivano dopo una settimana particolarmente violenta in Libano. La doppia operazione, da tutti gli esperti attribuita a Israele, che il 17 e il 18 settembre ha fatto esplodere migliaia di cercapersone e walkie-talkie usati dai miliziani di Hezbollah ha ucciso 39 persone e ne ha ferite migliaia in tutto il paese. Il 20 settembre l’aeronautica israeliana ha bombardato un edificio nella periferia meridionale di Beirut: sono state uccise più di cinquanta persone, tra cui due alti comandanti militari di Hezbollah e quindici comandanti delle forze d’élite Al Radwan. Le operazioni di ricerca e soccorso sono ancora in atto.

L’esercito israeliano ha dispiegato la sua 98ª divisione, finora di stanza a Gaza, sul fronte settentrionale, dichiarando che il trasferimento rientrava nella decisione dell’esercito di spostare il suo centro di gravità sul confine con il Libano. Questa si unirà alla 36ª divisione, che da mesi è dislocata nel nord di Israele. Tra i suoi obiettivi di guerra il governo israeliano ha inserito anche il ritorno delle decine di migliaia di abitanti del nord di Israele che hanno lasciato le loro case da quando Hezbollah ha aperto il fronte a sostegno di Hamas, il giorno dopo l’inizio della guerra a Gaza.

“Le minacce non ci fermeranno: siamo pronti a ogni scenario militare contro Israele”, ha detto il numero due di Hezbollah, Naim Qassem, durante i funerali di Ibrahim Aqil, il comandante ucciso il 20 settembre. Riecheggiando le parole pronunciate qualche giorno prima dal ministro della difesa israeliano Yoav Gallant, il leader del movimento libanese ha annunciato “una nuova fase” nella battaglia contro Israele. ◆ fdl

L’Orient Today è una piattaforma giornalistica che monitora il fallimento del sistema politico e istituzionale libanese. È il servizio in inglese del gruppo L’Orient-Le Jour.

Ultime notizie
Per una soluzione diplomatica

◆Una guerra generalizzata in Libano “non è nell’interesse di nessuno”, ha detto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden il 24 settembre 2024, durante il suo discorso davanti all’assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, l’ultimo del suo mandato. “Anche se le tensioni aumentano, una soluzione diplomatica è sempre possibile”, ha aggiunto. Inoltre ha ribadito la necessità di “raggiungere immediatamente” un accordo per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Nel corso della settimana più di cento capi di stato e di governo sono intervenuti durante la 79ª sessione dell’assemblea generale, la cui agenda è dominata dalle guerre, in particolare quella in Libano e nella Striscia di Gaza. Nel suo discorso di apertura il segretario generale dell’Onu António Guterres ha affermato che “Gaza è un incubo permanente che minaccia di portare tutta la regione nel caos”. Ad ascoltarlo c’era anche il presidente palestinese Abu Mazen.

◆Il 22 settembre, mentre le trasmissioni erano in diretta, i soldati israeliani hanno fatto irruzione nell’ufficio di Al Jazeera a Ramallah, in Cisgiordania, ordinandone la chiusura per 45 giorni e sequestrando decine di attrezzature, tra cui computer e telecamere. Il canale qatariota ha fornito un’ampia copertura delle operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. Secondo i militari, gli uffici dell’emittente “sono stati usati per incitare al terrore” e per “sostenere attività terroristiche”. Al Jazeera ha definito le accuse “infondate” e il raid israeliano “criminale”. A maggio le forze di sicurezza israeliane avevano fatto irruzione nell’ufficio di Al Jazeera a Nazareth e in una stanza di albergo usata dall’emittente a Gerusalemme Est, dopo che il governo aveva votato a favore della chiusura delle attività del canale, in base a una nuova legge che consente alle autorità di prendere iniziative contro i mezzi d’informazione stranieri.
Afp, The New York Times


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Questo articolo è uscito sul numero 1582 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati