La fine del rock

◆ In relazione all’articolo sul rock (Internazionale 1586), penso che il problema non sia l’invecchiamento dei musicisti, ma la carenza di nuove leve. Oggi la musica diffusa on­line non prevede spesso l’uso di strumenti musicali. La maggior parte dei giovani s’identifica con campionamenti scopiazzati, improvvisati dj e presunti video influencer omologati. Morale: più ascolti, meno qualità e meno gente che suona uno strumento. Il contrario dell’essenza del rock.
Claudio Morsenchio

Contro la rilettura

◆ Ho letto l’articolo di Oscar Schwartz sul rileggere i libri (Internazionale 1586). Io ho cominciato a farlo a vent’anni, credo con Cime Tempestose. L’ho riletto così tante volte che posso recitare alcuni passi a memoria. Stessa cosa per Orgoglio e Pregiudizio. Quando un libro mi piace molto, trovo rincuorante rileggere ciò che trovo familiare ed elettrizzante scoprire qualcosa di nuovo. E poi questa visione della rilettura come una cosa da nerd è un preconcetto. Perché si possono organizzare maratone di film e serie tv mentre se rileggiamo un romanzo siamo dei nostalgici vecchi gufi? Viva la rilettura quando ci va!
Elisa Faso

A Gaza si lotta per la vita

◆ Ormai ascoltiamo le notizie e guardiamo le immagini di Gaza mescolandole al caffè mattutino. Poi le dimentichiamo insieme alla tazzina che lasciamo in cucina prima di uscire a rincorrere la nostra vita. L’articolo di Atef Abu Saif (Internazionale 1585) mi ha colpito come un pugno allo stomaco togliendomi il respiro.
Ivano Gelio

Israele usa il trauma come un’arma di guerra

◆ L’articolo di Naomi Klein (Internazionale 1585) mi ha riportato al saggio del 1998 di Tzvetan Todorov Gli abusi della memoria, in cui l’autore, riprendendo il discorso che ha tenuto a un congresso organizzato dalla fondazione Auschwitz, ragiona sulla necessità delle vittime di elevarsi da una memoria letterale, che non porta al di là di se stessa e intrappola in un pericoloso ruolo di vittima unica e irripetibile, ad una esemplare, che sposta il trauma dall’ambito privato a quello collettivo non di un singolo popolo, ma dell’umanità. Citando Proust, Todorov ricorda che “noi non traiamo profitto da nessuna lezione, perché non sappiamo spingerci fino al generale”. Ricordare ossessivamente il passato, estendendo il trauma a tutti i momenti dell’esistenza, impedisce alla collettività di approfittare della propria esperienza per riconoscere quanto in essa vi sia di comune con altre.
Micol

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Questo articolo è uscito sul numero 1587 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati