Cinque anni fa entrava in funzione la diga di Xayaburi, il primo grande progetto idroelettrico costruito sul fiume Mekong in Laos, scrive The Diplomat. Anche se è stata annunciata dai suoi promotori come una diga “trasparente” e “incentrata sulla comunità”, in grado di esportare energia “verde” dal Laos alla Thailandia, la realtà su entrambe le sponde del fiume è un’altra. Sia i tailandesi sia i laotiani hanno riferito di una drastica diminuzione della fauna ittica, che ha creato difficoltà economiche a chi vive di pesca. Inoltre grandi fluttuazioni nel livello e nel flusso del fiume hanno eroso gli argini e reso quasi impossibile per le famiglie coltivare colture di sussistenza lungo le rive. Nel frattempo, l’opinione pubblica è stata lasciata all’oscuro in merito all’impatto reale del progetto. E se gli investitori continuano a trarre profitto dall’impianto, intanto le bollette delle famiglie in Thailandia – dove finisce la maggior parte dell’energia generata dalla diga – aumentano. Per i consumatori, infatti, l’energia generata dalle dighe e trasportata per centinaia di chilometri è più costosa rispetto ad alternative economiche a basso impatto ambientale come l’installazione di pannelli solari sui tetti. Senza contare che i cambiamenti climatici, sia la siccità sia le alluvioni, rendono le dighe inutilizzabili. Eppure sono previsti altri progetti simili.
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Questo articolo è uscito sul numero 1588 di Internazionale, a pagina 40. Compra questo numero | Abbonati