Il 14 dicembre l’assemblea nazionale sudcoreana ha approvato la mozione per la messa in stato d’accusa del presidente Yoon Suk-yeol, che il 3 dicembre aveva dichiarato la legge marziale, poi revocata. Hanno votato a favore 204 deputati su 300, di cui 12 del partito di Yoon, il Partito del potere del popolo. Yoon è stato subito sospeso dal suo incarico e il primo ministro Han Duck-soo è stato nominato presidente ad interim. Ora la corte costituzionale ha sei mesi per esaminare il caso e decidere se confermare l’impeachment. Se il processo sarà confermato, Yoon sarà deposto e si dovranno tenere le elezioni presidenziali entro due mesi. Il vincitore presterà giuramento il giorno dopo il risultato, senza il consueto periodo di transizione. La corte costituzionale è composta normalmente da nove giudici, ma tre sono andati in pensione a ottobre senza essere sostituiti, a causa dello stallo politico del paese. Poiché sono necessari sei voti per confermare un impeachment, seguirebbe una decisione unanime per rimuovere Yoon. Il presidente sospeso è sotto indagine da parte della magistratura e di una commissione congiunta di polizia, ministero della difesa e autorità anticorruzione. Il 18 dicembre Yoon, che continua a difendere la sua scelta come “un atto di governo”, non si è presentato di fronte all’autorità anticorruzione che l’aveva convocato per interrogarlo. Il 27 dicembre la corte costituzionale comincerà le udienze preliminari sul caso ma Yoon non è tenuto a esserci. Secondo il Korea Times, però, Yoon, un ex procuratore, intende difendersi da solo davanti alla corte. Sarebbe il primo caso nella storia del paese, e il fatto che rivendichi con tanta decisione la bontà delle sue azioni fa pensare che effettivamente lo farà, scrive il quotidiano. Per gli analisti potrebbe essere un tentativo di ottenere consenso tra i suoi sostenitori, anche se questo influenzerebbe la decisione della corte. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1594 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati