La crisi politica in Corea del Sud, cominciata il 3 dicembre con il tentativo del presidente Yoon Suk-yeol d’imporre la legge marziale nel paese, continua. Yoon, sospeso dall’incarico dopo il voto dell’assemblea nazionale a favore della sua messa in stato d’accusa e in attesa che si pronunci in merito la corte costituzionale, è asserragliato nella sua residenza a Seoul.
Il presidente, indagato per insurrezione, non si è presentato dagli inquirenti per essere interrogato e contro di lui è stato spiccato un mandato d’arresto, ma finora le guardie di sicurezza presidenziali hanno impedito alla polizia di accedere alla proprietà. Nel frattempo, dopo che anche per il primo ministro e presidente ad interim Han Duck-soo era stato votato l’impeachment il 27 dicembre, è il vicepremier Choi Sang-mok a fare le veci del presidente. La popolarità di Yoon è ai minimi storici, ma i suoi sostenitori nella capitale manifestano ogni giorno contro l’impeachment. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1596 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati