Quanto sono pagati i vostri colleghi? In alcuni paesi, come la Norvegia, è possibile saperlo consultando i dati sulle tasse e sul reddito complessivo di ogni contribuente, che sono pubblici. Nella maggior parte degli altri, invece, bisogna chiedere agli interessati. Una cosa socialmente accettabile come dire: “Che brutto bambino”. Zoë Cullen, della Harvard business school, e Ricardo Perez-Truglia, dell’University of California, Los Angeles, hanno offerto del denaro ai dipendenti di una banca del sudest asiatico se fossero riusciti a sapere quanto guadagnano alcuni loro colleghi. Nella maggior parte dei casi le persone non se le sono sentita, né i loro colleghi erano disposti a dirlo, soprattutto se pensavano di guadagnare più degli altri.
Le norme sulla privacy e la riservatezza sul reddito sono il motivo che spinge i legislatori attenti al tema delle disparità salariali a chiedere più trasparenza. Pochi sistemi sono radicali come quelli scandinavi, ma cresce il numero di paesi in cui s’impone alle aziende di rendere conto dei divari salariali di genere (e di altro tipo), di pubblicare le fasce retributive negli annunci di lavoro o di evitare di chiedere ai candidati informazioni sui redditi precedenti. Una direttiva dell’Unione europea sul tema entrerà in vigore nel 2026.
Un’analisi di Cullen rivela un quadro con luci e ombre. Sapere quanto guadagnano le persone che svolgono lavori simili ha contribuito a ridurre il divario retributivo di genere. Questo però non è avvenuto perché i dipendenti meno pagati hanno ricevuto degli aumenti, ma perché i salari medi sono stati ridotti. La trasparenza sembra offrire ai datori di lavoro un potente strumento di contrattazione: le aziende possono dire che se aumentano lo stipendio a una persona, poi devono farlo a tutti. Una legge danese del 2006 impone alle aziende al di sopra di una certa dimensione di rendere noti i divari retributivi di genere. Ma uno studio del 2019 ha rilevato che il divario tra uomini e donne si è ridotto soprattutto perché i dipendenti maschi avevano registrato una crescita salariale più lenta. Anche la produttività delle aziende danesi interessate dal fenomeno è diminuita, forse perché scoprire di essere sottopagati ha scoraggiato i lavoratori con salari più bassi o perché quelli pagati di più sono stati infastiditi dal freno agli aumenti salariali.
Ci possono essere anche altri effetti. Per esempio, l’obbligo di includere i dettagli salariali negli annunci di lavoro sembra spingere le retribuzioni verso l’alto, in parte perché sia le aziende sia i dipendenti hanno migliori informazioni sui livelli del mercato. La trasparenza può anche spingere a essere più motivati. Secondo uno studio di Cédric Gutierrez, dell’università Bocconi, e altri autori, la trasparenza sul reddito dei docenti universitari statunitensi ha spinto i più pagati a impegnarsi di più. Insomma, se guadagnate tanto, è meglio che dimostriate il vostro valore.
Per quanto riguarda le disparità salariali tra i dirigenti e i dipendenti, si potrebbe immaginare che queste differenze alimentino il risentimento. Ma possono anche stimolare l’ambizione. Cullen e Perez-Truglia suggeriscono che i dipendenti sottovalutano quanto guadagnano i dirigenti, ma lavorano anche molto di più quando scoprono le possibili ricompense legate a una promozione.
Gol e assist
Data questa esigenza di trasparenza, diventa ancora più importante stabilire la giusta connessione tra retribuzione e risultati. Un lavoro di James Flynn, dell’università di Miami, ha analizzato cos’è successo quando, nel 1990, furono pubblicati i compensi dei giocatori di hockey su ghiaccio del Nordamerica. Quelli sottopagati si concentrarono su gol e assist, più remunerati delle azioni difensive, a scapito però delle prestazioni complessive della squadra. Insomma, la trasparenza retributiva offre vantaggi e insidie: nel migliore dei casi dovrebbe colmare i divari salariali ingiusti e fornire ai lavoratori più informazioni dentro e fuori le aziende; nel peggiore dei casi, il morale e la produttività potrebbero risentirne perché la ricerca dell’equità può portare a una crescita salariale più lenta. La luce del sole è bella, ma può anche essere dannosa. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1601 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati