indo-pacifico

La crisi nelle relazioni tra Stati Uniti ed Europa sembra avere effetti limitati nella regione del Pacifico. Al forum sulla difesa che si è svolto alle Hawaii tra il 12 e il 14 febbraio i generali e i funzionari statunitensi hanno sottolineato quanto sia importante rafforzare il rapporto con gli alleati asiatici. Forse, ha suggerito un rappresentante sudcoreano, l’accordo con la Russia consentirà agli Stati Uniti di concentrarsi sulla sfida con la Cina.

Questa calma superficiale è dovuta in parte al fatto che i governi asiatici hanno tenuto un basso profilo rispetto ai recenti cambiamenti geopolitici, perché sono indifferenti ai problemi dell’Europa o perché sperano di non irritare Trump, in modo che gli Stati Uniti continuino a garantire la sicurezza dell’Asia. In realtà i paesi più esposti all’aggressività cinese hanno motivi per temere che Pechino uscirà rafforzata da una vittoria russa in Ucraina.

Prendiamo il caso di Taiwan. In questi anni i governi di Taipei hanno sostenuto che impedire la vittoria russa fosse fondamentale per distogliere la Cina dal proposito di invadere l’isola. L’idea che “oggi tocca all’Ucraina, domani a Taiwan” ora è diventata più allarmante. Un giornale dell’opposizione, lo United Daily News, ha avvertito che, se continuerà ad aggrapparsi agli Stati Uniti, Taiwan diventerà un “pedone in balia” della partita tra Cina e Stati Uniti. Il quotidiano giapponese Nikkei ha commentato che l’indifferenza di Trump nel sostenere un ordine mondiale liberale “è preoccupante, perché indebolisce la fiducia negli Stati Uniti”.

L’India, da parte sua, ha cercato di diversificare la sua politica estera, avvicinandosi a Washington e allo stesso tempo mantenendo stretti legami con Mosca e, di recente, migliorando le relazioni con Pechino. Ora potrebbe intravedere un’opportunità di un accordo in Ucraina, per importare più facilmente il petrolio russo ma anche perché una frammentazione dell’ordine mondiale potrebbe darle maggiore influenza. Nel mezzo ci sono i tanti paesi del sudest asiatico che si stanno spostando verso la Cina, ma sono a loro agio con l’opportunismo di Trump.

Piani confusi

Nell’amministrazione statunitense molti pensano che gli europei dovrebbero saper gestire da soli la minaccia russa, mentre la Cina è un rivale temibile che va contenuto. Come? Adottando nuove tecnologie, compresa l’intelligenza artificiale, accelerando la produzione di armi e, cosa fondamentale, lavorando a più stretto contatto con alleati e partner. Parlando a Bruxelles, il segretario alla difesa statunitense Pete Hegseth ha avvertito gli alleati europei che Washington darà priorità allo scontro con la Cina, che ha “la capacità e l’intenzione di minacciare la nostra patria e i nostri interessi nazionali fondamentali nell’indo-pacifico”.

Per la verità finora Trump non ha fatto capire quali siano le sue reali intenzioni in Asia. Ha imposto dazi alla Cina ma ha cercato di corteggiare Xi Jinping, forse nella speranza di concludere un accordo commerciale. Non ha dato segnali di voler aumentare la spesa per la difesa, come richiesto agli alleati europei. Tra i primi ospiti di Trump alla Casa Bianca c’è stato il premier giapponese Shigeru Ishiba, seguito dal leader indiano Narendra Modi. Sembrerebbero segnali di una grande attenzione all’indo-pacifico. Il linguaggio diplomatico su Taiwan sembra intanto farsi più duro. In una dichiarazione congiunta, Trump e Ishiba hanno affermato di volersi “opporre a qualsiasi tentativo di cambiare unilateralmente lo status quo con la forza o la coercizione”. Sul sito del dipartimento di stato non si fa più riferimento esplicito all’opposizione statunitense all’indipendenza di Taiwan. D’altro canto, lo smantellamento dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (Usaid) suggerisce che Trump non ha davvero intenzione di contestare l’influenza della Cina al livello globale.

In ogni caso alle Hawaii l’ammiraglio Samuel Paparo, capo del comando statunitense nell’indo-pacifico , ha chiarito le priorità: “Se avessimo dovuto scegliere il centro di gravità del mondo cento anni fa, sarebbe stato nell’Europa centrorientale. Oggi è nell’indo-pacifico”. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1602 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati