Nel dicembre 2023 un governo di coalizione guidato da Donald Tusk – già primo ministro tra il 2007 e il 2014 e presidente del Consiglio europeo dal 2014 al 2019 – ha messo fine a otto anni di dominio del partito ultraconservatore Diritto e giustizia (Pis). Tusk è il leader di Piattaforma civica (Po), formazione liberale di centro tornata a governare insieme al Partito popolare polacco (Psl, centrista), ai centristi liberali di Polonia 2050 e alla Nuova sinistra (Nowa Lewica), che fa parte dell’alleanza elettorale Lewica (La sinistra).

Il risultato delle presidenziali di maggio deciderà in buona parte se il governo riuscirà a rimanere in carica per tutta la legislatura

A dicembre il governo Tusk ha compiuto un anno di vita, ma la maggioranza dei polacchi è delusa. Secondo un sondaggio condotto dalla United surveys per conto della radio Rmf e del quotidiano Dziennik Gazeta Prawna il 51 per cento valuta negativamente l’operato dell’esecutivo (il 21 per cento molto negativamente) e appena un 40 per cento ne ha un’opinione positiva (il 6 per cento molto positiva). Le rilevazioni mensili dell’agenzia Cbos indicano che i polacchi che si considerano sostenitori del governo sono passati dal 41 per cento del febbraio 2024 al 32 per cento di dicembre. Nello stesso arco di tempo gli oppositori sono cresciuti dal 34 al 40 per cento.

Nel 2024, tuttavia, Piattaforma civica ha consolidato la sua posizione, e attualmente avrebbe intorno al 35 per cento dei consensi, contro il 33 per cento del Pis. Alle europee di giugno il partito di Tusk è stato il più votato: non succedeva da dieci anni. Questa crescita, però, è arrivata in gran parte a spese dei partner di coalizione. Se si tornasse a votare oggi per il parlamento, i partiti di governo faticherebbero a mantenere la maggioranza. Ma perché il sostegno al governo Tusk si è ridotto? Prima di tutto in Polonia è diffusa la sensazione che l’esecutivo non abbia mantenuto la maggior parte delle promesse elettorali. Piattaforma civica aveva garantito che avrebbe portato a termine cento riforme nei primi cento giorni di governo (100 konkretów na 100 dni), ma secondo il sito d’informazione Demagog solo 15 sono state completate, mentre altre 27 sono state avviate. È stato rinviato, per esempio, l’aumento della soglia del reddito non tassabile, uno dei principali impegni della campagna elettorale.

Gli elettori della sinistra liberale sono particolarmente delusi dal fatto che il governo non abbia introdotto nessuna riforma nel campo dei diritti civili. La promessa di un rapido cambiamento delle severissime leggi sull’aborto era stata una delle ragioni dell’ampia partecipazione dei giovani al voto del 2023. Poi ci sono le difficoltà economiche: negli ultimi mesi l’inflazione è cresciuta fino a diventare tra le più alte in Europa, soprattutto dopo la parziale marcia indietro del governo sul congelamento dei prezzi dell’energia.

Potere di veto

Chi sostiene il governo sottolinea che il Pis ha lasciato in eredità a Tusk una situazione economica e politica complicata, oltre a diversi ostacoli giuridici e istituzionali. Il fatto che il governo sia costretto a convivere con un capo dello stato del Pis, Andrzej Duda, senza poter contare sulla maggioranza parlamentare dei due terzi necessaria per ribaltarne il diritto di veto, ha bloccato i tentativi di avviare riforme più radicali. Inoltre, Duda può rinviare l’entrata in vigore delle leggi sgradite al Pis chiedendo l’esame dei giudici della corte costituzionale, che sono stati tutti nominati dai governi populisti guidati dal Pis, ragione per cui il governo non ne riconosce la legittimità. Un altro motivo di debolezza dell’esecutivo di Tusk è la natura ideologicamente eterogenea della coalizione.

Il Pis, ovviamente, nega di aver lasciato un paese in rovina, e anche molti suoi oppositori sembrano stanchi di un primo ministro che scarica tutte le colpe su chi l’ha preceduto. Di sicuro c’è il fatto che Duda ha promesso di bloccare qualsiasi tentativo di liberalizzare la legge sull’aborto e di ribaltare le riforme del sistema giudiziario introdotte dal suo partito. Comunque finora il presidente ha messo il veto solo su quattro disegni di legge, rinviandone altrettanti alla corte costituzionale, e non ha interferito con l’iter di altri cento. E non sembra nemmeno voler contrastare le priorità socioeconomiche del governo, che in alcuni casi – come l’aumento dei sussidi pubblici – sono in linea con l’amministrazione precedente.

Se è innegabile che Duda ha ostacolato i tentativi dell’esecutivo di sostituire i funzionari nominati dal Pis, come gli ambasciatori, è altrettanto vero che il governo Tusk ha spesso usato scappatoie legali per raggiungere i suoi obiettivi. Duda è stato accusato da più parti di bloccare quello che molti considerano “il ripristino dello stato di diritto”, ma il suo partito sostiene che esercitando il diritto di veto il presidente ha solo protetto le istituzioni dal tentativo del governo di assumerne il controllo.

La stessa logica

È interessante notare che alcuni sostenitori del governo hanno giustificato le mosse più dubbie sul piano legale – come il rifiuto di riconoscere organi e istituzioni composti solo da figure scelte dal Pis – sostenendo che i meccanismi di tutela costituzionale possono (e in alcuni casi devono) essere ignorati quando bisogna ripristinare un ordine legale che è stato alterato e ha perso legittimità. Di contro, si può dire che in questo modo il governo usa – anche se per fini opposti – la stessa logica e le stesse pratiche del Pis, il quale era convinto che le sue forzature fossero necessarie per rimediare alle storture della transizione polacca dopo il 1989.

L’attuale governo, inoltre, è molto eterogeneo sul piano ideologico. Il Partito popolare, la formazione più conservatrice della coalizione, in alcuni casi in parlamento ha votato con l’opposizione (bocciando, per esempio, una legge sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso). Tuttavia, con qualche rara eccezione, la coalizione di governo non ha incontrato grossi problemi nel concordare le priorità del programma.

Crescita costante
Il pil pro capite a parità di poter d’acquisto (ppp) della Polonia, migliaia di dollari - statista
Il pil pro capite a parità di poter d’acquisto (ppp) della Polonia, migliaia di dollari (statista)

In quest’ottica perfino chi appoggia Tusk ha la sensazione che in alcuni casi gli ostacoli siano strumentalizzati per giustificare l’immobilismo dell’esecutivo. Tusk è estremamente abile nel fare annunci che attirano l’attenzione del pubblico, ma è sempre stato scettico verso i grandi progetti politici. Anche per questo si è rivelato incapace di dare al governo una strategia a lungo termine. Chi lo critica sostiene che su certi temi chiave – come l’aborto – avrebbe potuto sfidare apertamente Duda, in modo da mobilitare gli elettori progressisti anche in vista delle prossime presidenziali, previste a maggio.

Il risultato delle presidenziali deciderà in buona parte se il governo riuscirà a rimanere in carica per il resto della legislatura, che scade nell’autunno 2027. Al momento i favoriti per la presidenza sono il vicesegretario di Piattaforma civica e sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski, già sconfitto di misura da Duda nel 2020, e Karol Nawrocki, sostenuto dal Pis e direttore dell’Istituto nazionale per la memoria (Ipn). Una vittoria di Trzaskowski rimuoverebbe un enorme ostacolo sul cammino delle riforme, permettendo al governo di cancellare definitivamente l’eredità del Pis. Se invece vincerà Nawrocki, Tusk se la dovrà vedere con un presidente ostile per il resto del suo mandato. Cosa che potrebbe portare a elezioni anticipate.

Un impatto importante sulle presidenziali lo avrà ovviamente la valutazione dell’operato di Tusk. Secondo i sondaggi il favorito è Trzaskowski, ma il Pis cercherà di usare il voto per incanalare il malcontento crescente verso il governo.

A questo punto la sensazione diffusa è che il governo di Tusk sia interessato soprattutto alla “resa dei conti” con il sistema messo in piedi dal Pis. Questo progetto comprende, tra le altre cose, una serie di cambi al vertice delle istituzioni. E per una coalizione ampia e varia come quella al governo, è ovviamente più facile trovare un accordo sulla distribuzione degli incarichi piuttosto che sull’orientamento politico. A conti fatti, in Polonia la spartizione del bottino delle nomine è spesso il “collante” che tiene insieme governi e partiti.

Così, mentre i conservatori parlano di una caccia alle streghe politica, i simpatizzanti più convinti del governo Tusk vorrebbero che l’offensiva fosse ancora più incisiva, soprattutto considerando che in passato Tusk non si era fatto problemi a definire “ladri” e “crijinali” i suoi predecessori. Molti polacchi sembrano però aver perso interesse per questa “resa dei conti”. E anche i progressisti si stanno convincendo che Tusk dovrebbe affiancare agli attacchi al Pis un programma politico propositivo e rivolto al futuro.

Il panorama politico polacco è profondamente polarizzato e difficilmente ci saranno trasferimenti di voti tra i due schieramenti. Il risultato dipenderà quindi dalla capacità dei partiti di mobilitare i propri sostenitori e “smobilitare” quelli degli avversari. Anche se difficilmente voteranno per Nawrocki, alcuni elettori di Tusk potrebbero decidere di boicottare le urne. In altre parole, il Pis spera che le presidenziali si trasformino in un referendum sull’attuale governo, mentre Piattaforma civica vorrebbe che fossero un secondo plebiscito sull’esecutivo precedente, dopo il voto del 2023. ◆ as

Aleks Szczerbiak è professore di scienze politiche all’università del Sussex, nel Regno Unito, ed è esperto di storia contemporanea della Polonia.

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Questo articolo è uscito sul numero 1601 di Internazionale, a pagina 60. Compra questo numero | Abbonati