Prima gli insegnanti e il personale sanitario. Poi i controllori ferroviari e i macchinisti. Più di una volta i dipendenti dei supermercati e poi di nuovo i dipendenti pubblici: nel 2023 in Germania c’è stato un ritorno dei conflitti sul lavoro come non si vedeva da tempo. Anche il 2024 è stato segnato dagli scioperi, tanto che ora ci si chiede se tutta questa agitazione sia giustificata.

L’anno scorso c’è stato un record degli scioperi, ha annunciato il Wirtschafts-und Sozialwissenschaftliche Institut (Wsi), l’istituto di ricerca economica e sociale. Ci sono state 312 lotte sul lavoro, il numero più alto mai registrato dall’istituto vicino ai sindacati in quasi vent’anni di attività. Per chiedere che l’impennata dell’inflazione sia compensata dagli aumenti degli stipendi, in totale i dipendenti hanno scioperato per 1,5 milioni di giornate lavorative, più del doppio rispetto al 2022. Anche l’agenzia federale per l’impiego, che usa metodi di misurazione diversi, rileva un raddoppio delle giornate di lavoro perse. Negli ultimi vent’anni, stando ai dati del Wsi, i giorni di assenza dal lavoro sono stati di più solo in due occasioni: nel 2006 e nel 2015, quando a scendere in piazza per chiedere salari più alti furono soprattutto i dipendenti degli asili e i macchinisti.

Niente di eccezionale

Da un punto di vista storico, non è una situazione del tutto eccezionale per la Germania: a metà degli anni settanta e ottanta i conflitti sul lavoro furono ancora più intensi, spiega il ricercatore del Wsi Thorsten Schulten. All’epoca i prezzi erano molto aumentati a causa della crisi energetica, proprio come oggi. E il più grande settore industriale, quello metallurgico, che comprende anche i produttori di automobili, lottò per la settimana lavorativa di trentacinque ore. Nel 1984 l’agenzia federale per l’impiego registrò quasi tre milioni di giornate lavorative perse. E quando nel 1992 i dipendenti pubblici paralizzarono il paese, i giorni di lavoro persi furono tre volte di più del 2023. Oggi però molte persone hanno l’impressione che la Germania stia diventando una “repubblica degli scioperi”. Questa percezione è alimentata dal fatto che molte agitazioni incidono direttamente sulla vita quotidiana: dalle poste alla raccolta dei rifiuti, dagli asili agli ospedali, fino ovviamente ai macchinisti, che hanno bloccato il traffico ferroviario in tutto il paese per giorni.

Per i datori di lavoro molti scioperi sono inutili o troppo lunghi. Alcune aziende dubitano che i sindacati li usino solo quando non ci sono più altre vie. “Questo principio è spesso violato”, si lamenta Hagen Lesch dell’Institut der deutschen Wirtschaft (Iw), vicino agli imprenditori. È difficile quantificare con esattezza quanto costino gli scioperi. Ma per esempio alla Lufthansa le assenze hanno decisamente compromesso l’andamento del primo trimestre di quest’anno. “Gli scioperi, ormai, non si fanno solo per ottenere stipendi più alti”, critica Lesch, “ma anche per reclutare iscritti. È un’evoluzione pericolosa”.

Schulten la vede diversamente. Anche se i conflitti di lavoro hanno temporaneamente gravato sulla vita quotidiana di molte persone, dimostrano che la lotta funziona. “Non dovrebbe sorprendere che i lavoratori, di fronte all’inflazione più alta degli ultimi decenni, rivendichino il diritto di limitare le perdite del loro potere d’acquisto”, afferma il ricercatore. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, tra il 2022 e il 2023 i prezzi sono saliti complessivamente del 13 per cento. Se consideriamo l’inflazione, i salari sono scesi al livello del 2016, calcola Schulten.

Spesso gli aumenti salariali si possono ottenere solo con gli scioperi. Paghe più alte portano a consumi maggiori, che potrebbero risollevare l’economia tedesca in stagnazione. E se si arriva a fermare la produzione o a interrompere un servizio non dipende solo dal sindacato: “I datori di lavoro a volte hanno contribuito significativamente ad alimentare lo scontro”, afferma Schulten. Nel settore delle costruzioni, le imprese hanno rifiutato un compromesso proposto da mediatori indipendenti e hanno firmato un accordo solo dopo gli scioperi. I dipendenti della Vestas si sono fermati addirittura per 123 giorni prima che la società danese di turbine eoliche accettasse un contratto collettivo. L’azienda di riciclo di rifiuti di metallo SRW, in Sassonia, di proprietà di un gruppo cinese, non ha ceduto neanche dopo 180 giorni di sciopero.

Nella maggior parte dei casi, gli accordi salariali degli ultimi anni non si sono nemmeno avvicinati a compensare l’inflazione. I lavoratori sperano di recuperare il terreno perduto. Ci sono già state lotte nei trasporti pubblici e negli aeroporti. E il sindacato IG Metall ha richiesto un aumento del sette per cento in busta paga per quattro milioni di lavoratori proprio mentre alcune aziende invocano un blocco dei salari. Se queste importanti contrattazioni provocheranno nuovi scioperi, il 2024 supererà perfino il record dell’anno scorso.

Potere contrattuale

Alcuni economisti prevedono che nei prossimi anni i conflitti nel mondo del lavoro saranno più del solito. Con la generazione del baby boom che va in pensione, molti settori sono a corto di personale. Così i lavoratori hanno più potere contrattuale. Hagen Lesch non è convinto che la demografia porterà necessariamente più conflitti. La situazione economica incerta renderà i sindacati più prudenti nel ricorso agli scioperi, come in passato.

A lungo i sindacati dell’industria sono quelli che si sono battuti di più per gli aumenti salariali. Ora però diverse organizzazioni esitano, dato che la transizione ecologica, con l’abbandono del motore a combustione, minaccia molti posti di lavoro. Al contrario, i sindacati attivi nel campo dei servizi, approfittando della carenza di personale nel settore, agiscono in modo più incisivo del solito, puntando anche a migliori condizioni di la­voro.

Qualunque tentativo di limitare il diritto di sciopero, come chiede qualcuno, incontrerebbe un’opposizione fortissima. Sarebbe complicato anche dal punto di vista costituzionale, avverte Bettina Kohlrausch, direttrice del Wsi. E al confronto con altri paesi, il diritto di sciopero in Germania è già piuttosto restrittivo. Non si può dire che la Germania sia una “repubblica degli scioperi”. In Belgio, Francia, Canada o Spagna, i giorni di lavoro persi a causa degli scioperi sono tra le due e le cinque volte di più. ◆ nv

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1577 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati