O ggi la politica ungherese è dominata da un nome: Péter Magyar. Fino a pochi mesi fa questo avvocato di 43 anni era nelle retrovie del governo ed era quasi sconosciuto. Ora, invece, è in prima linea nel movimento di protesta contro l’esecutivo del premier Viktor Orbán. Sfrutta lo scandalo che ha costretto l’ex presidente ungherese Katalin Novák a dimettersi a febbraio, e soprattutto cerca di parlare alle persone stanche dopo quattordici anni di governo guidati da Fidesz, il partito di Orbán. Magyar ne denuncia la corruzione e la propaganda e critica la passività dell’opposizione. Così attira un’ampia fetta dell’opinione pubblica alla ricerca di un’alternativa.
Per capire il fenomeno Magyar bisogna tornare al 2 febbraio 2024. Quel giorno uno dei maggiori siti d’informazione indipendenti del paese ha rivelato che la presidente aveva concesso la grazia al vicedirettore di un orfanotrofio condannato per aver coperto il suo superiore, che aveva abusato sessualmente di dieci bambini ospitati nella struttura. È scoppiato un caso, che ha colpito soprattutto Fidesz. Il partito aveva coltivato per anni un’immagine di forza conservatrice e attenta alla famiglia.
La vicenda ha avuto ricadute anche su Novák che, in precedenza, da ministra della famiglia, aveva fatto dell’attenzione per l’infanzia la sua bandiera. Ironia della sorte, il vicedirettore dell’orfanotrofio (come altre 21 persone) è stato graziato proprio durante la visita di papa Francesco in Ungheria nell’aprile 2023.
All’inizio il governo non sapeva come reagire. L’indignazione dei cittadini stava crescendo. Dopo una settimana Orbán ha deciso di darci un taglio. La presidente Novák, in carica da due anni, si è dimessa. Anche Judit Varga, la ministra della giustizia che aveva controfirmato la grazia, si è fatta da parte. È stata una grave perdita per Fidesz: Novák e Varga erano le uniche donne di alto profilo del partito ed erano popolari anche tra i giovani.
Le dimissioni, però, non sono riuscite a calmare l’opinione pubblica. Alla manifestazione organizzata da alcuni youtuber il 16 febbraio a Budapest c’erano almeno centomila persone. Ma l’opposizione, che si sta ancora leccando le ferite dopo la quarta sconfitta elettorale consecutiva subita nel 2022, non è riuscita a canalizzare queste emozioni. Così Magyar ha deciso di colmare il vuoto.
Si è fatto avanti con un post su Facebook il giorno delle dimissioni di Novák e Varga, con cui era sposato fino al 2023. Nel messaggio annunciava di “non voler più far parte nemmeno per un secondo di un sistema nel quale i veri responsabili delle decisioni si nascondono sotto la gonna di una donna”, facendo intendere che Novák e Varga erano capri espiatori. E aggiungeva che con il pretesto dell’ideale di un’Ungheria nazionalista, un gruppo di persone si era insediato al potere accumulando ricchezze da favola. Il giorno dopo ha concesso un’intervista a Partizán, il principale canale dell’opposizione su YouTube. In un paese che ha meno di dieci milioni di abitanti, in breve il video ha avuto più di due milioni di visualizzazioni ed è diventato un atto d’accusa contro il governo, fatto da un uomo che fino a quel momento aveva beneficiato del sistema creato da Orbán ed era noto solo come il marito di Varga.
Tradizione familiare
Péter Magyar proviene da un’influente famiglia di avvocati conservatori. Suo nonno faceva parte della corte suprema, sua nonna era la sorella di Ferenc Mádl, presidente dell’Ungheria dal 2000 al 2005, eletto su nomina di Fidesz. La madre, invece, è vicepresidente della corte suprema dal 2020. Come da tradizione, Péter si è laureato in legge e ha poi tentato di farsi strada nel settore privato.
La sua carriera si è sviluppata in parallelo a quella di Judit Varga, che ha sposato nel 2006. I due hanno passato quasi dieci anni a Bruxelles, dove lei è stata consulente di János Áder (allora europarlamentare di Fidesz, poi per due mandati presidente dell’Ungheria) e lui faceva il diplomatico.
Mentre la moglie accumulava successi politici (nel 2019 era diventata ministra della giustizia), lui scalava aziende statali: è stato direttore di un istituto di credito per studenti ed è entrato nel consiglio di amministrazione di società di trasporto pubblico. Si è dimesso da tutte le cariche il 10 febbraio, quando ha deciso di criticare pubblicamente Fidesz.
Dopo il successo ottenuto con il suo intervento sui social, Magyar ha cominciato a mettere in piedi un movimento. Per il 15 marzo – festa nazionale che commemora la Primavera dei popoli, cioè la rivoluzione antiasburgica in Ungheria del 1848 – ha organizzato una manifestazione a Budapest durante la quale ha annunciato la nascita di “Alzatevi, ungheresi”. Alla manifestazione successiva, il 6 aprile, è riuscito a radunare almeno cinquantamila sostenitori. Ha annunciato che si sarebbe candidato al parlamento europeo con il piccolo partito Tisza, un primo passo per rompere il monopolio di Fidesz, anche se ha detto che non accetterà un eventuale seggio da europarlamentare.
Magyar critica non solo la maggioranza, ma anche l’opposizione. Vuole togliere a Fidesz il monopolio nazionalista e attacca solo alcuni elementi del governo di Orbán, partendo dal presupposto che il premier ha un consenso reale. Denuncia la corruzione, la propaganda, i trasferimenti di fondi statali alle aziende riconducibili a Fidesz e le campagne di odio. Del resto conosce questi meccanismi dall’interno.
Si sa poco, però, del suo programma, a parte la voglia di risanare il sistema giudiziario, l’istruzione e i servizi sanitari. Per quanto riguarda gli esteri, finora ha rilasciato solo dichiarazioni vaghe. Dice che vorrebbe garantire all’Ungheria un ruolo costruttivo nella Nato e nell’Unione europea. Al tempo stesso, contesta la scelta di Bruxelles di trattenere i fondi destinati all’Ungheria per le violazioni dello stato di diritto, sostenendo che i problemi dovrebbero essere risolti a livello nazionale. In un’intervista di aprile, riferendosi alla guerra tra Russia e Ucraina, ha ripreso alcune tesi della propaganda governativa (che coincidono con la narrazione del Cremlino). Ha minimizzato la responsabilità russa e ha richiamato l’attenzione sulle politiche “provocatorie” dell’occidente. È possibile che abbia fatto sua la versione del partito al quale apparteneva in passato?
Anche se Magyar ha suscitato speranze di cambiamento, sta beneficiando di un effetto novità che probabilmente si esaurirà con il tempo. Alcuni ipotizzano addirittura che sia una creazione di Orbán per dare la parvenza di un’opposizione. Ma la dura campagna che Fidesz, sulla difensiva per la prima volta dopo anni, sta conducendo contro di lui permette a Magyar di respingere facilmente queste accuse. In un primo momento hanno cercato di screditarlo soprattutto per motivi morali: Varga l’ha accusato di abusi durante il matrimonio, senza fornire prove. Lui si è vendicato divulgando una registrazione nella quale l’ex moglie parlava di come Fidesz manipola il sistema giudiziario.
Il partito lo combatte con mezzi collaudati. Magyar è apparso su alcuni manifesti insieme ai leader liberali e di sinistra, tutti raffigurati con un simbolo del dollaro sulla camicia (per molto tempo Fidesz ha cercato di dipingere l’opposizione come “agenti statunitensi” e “scagnozzi di Soros”). In uno si vede Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, su un trono insieme ad alcuni camerieri intenti a servirla, e tra di loro si riconoscono esponenti dell’opposizione, tra cui Magyar. I piatti serviti sono “migrazione”, “gender” e “guerra”.
Dato che Fidesz domina i mezzi di comunicazione tradizionali, Magyar può contare solo sui social network e su una campagna porta a porta. Per questo ha fatto un tour del paese, consapevole che il sostegno della capitale, contraria a Orbán, non gli sarebbe bastato.
Il vero test, però, sono state le elezioni europee, alle quali Magyar ha dimostrato che può costituire realmente una minaccia per Orbán. ◆ sb
◆ 1981 Nasce a Budapest, in Ungheria.
◆ 2006 Sposa Judit Varga, esponente di Fidesz e in seguito ministra della giustizia.
◆ 2010 Assume un incarico al ministero degli esteri.
◆ marzo 2024 Dopo aver criticato pubblicamente il governo, annuncia di volersi unire al partito di opposizione Tisza.
◆ giugno 2024 Alle elezioni europee Tisza raccoglie il 29,7 per cento dei voti, ottenendo sette seggi al parlamento di Bruxelles e diventando la seconda forza politica del paese.
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Questo articolo è uscito sul numero 1567 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati