L’8 febbraio Robert Iger ha dato ai critici all’interno della Disney l’equivalente di un pugno in faccia. Nella sua prima relazione sugli utili da quando è tornato dalla pensione per riprendere le redini di un’azienda in difficoltà, Iger ha presentato una nuova struttura operativa, progettata per rafforzare gli studi cinematografici e televisivi, riducendo drasticamente i costi. Una ristrutturazione che prevede un taglio alle spese di 5,5 miliardi di dollari e il licenziamento di settemila dipendenti, il 4 per cento del personale della Disney.
“Dobbiamo riportare la creatività al centro dell’azienda, aumentare la responsabilità, migliorare i risultati e garantire la qualità di contenuti ed esperienze”, ha dichiarato Iger.
Il ritorno di Bob
La produzione e la distribuzione dei contenuti, streaming compreso, faranno capo a un’unica divisione (in passato erano due, il che aveva talvolta creato dei contrasti), con l’eccezione di quelli sportivi. La Espn e la sua piattaforma streaming (Espn+) diventeranno un’unità a sé, una scelta che è stata immediatamente interpretata come una facilitazione alla vendita del colosso sportivo.
“Non l’abbiamo fatto per questo”, ha dichiarato Iger. “La Espn continua a creare valore reale per noi. Dobbiamo solo capire come monetizzarlo”.
Iger ha anche reso noti gli utili e i ricavi trimestrali, che hanno superato le aspettative di Wall street. Le perdite della divisione streaming della Disney si sono ridotte di quattrocento milioni di dollari rispetto al trimestre precedente: il doppio di quanto avevano previsto gli investitori. Nonostante l’indebolimento dell’economia, negli Stati Uniti i parchi a tema dell’azienda hanno registrato un utile operativo di 2,1 miliardi di dollari, con un aumento del 36 per cento rispetto all’anno precedente.
Alla fine di novembre il consiglio d’amministrazione della Disney ha rimosso Bob Chapek dall’incarico di amministratore delegato e ha reintegrato Iger, che aveva diretto l’azienda dalla fine del 2005 all’inizio del 2020. Un cambio che è stato in parte anche una risposta alle minacce di alcuni degli investitori più attivi come Nelson Peltz, che si batte per ottenere un posto nel cda per sé o per suo figlio. Peltz ha attaccato la Disney, definendola “un’azienda in crisi”, con problemi “principalmente auto-inflitti”.
L’importanza dello streaming per il futuro della Disney è sottolineato dall’utile operativo dei canali tradizionali (la Abc e 15 canali via cavo, tra cui la Espn) che è stato di 1,3 miliardi di dollari nell’ultimo trimestre, il 16 per cento in meno rispetto all’anno precedente. I ricavi sono scesi del 5 per cento, a 7,3 miliardi di dollari. Un calo attribuito alle minori entrate pubblicitarie, che riflettono la diminuzione degli spettatori, soprattutto all’estero.
Il portafoglio di emittenti via cavo della Disney ha resistito meglio di quelli di alcune aziende rivali, ma il ritmo con cui le persone hanno rinunciato agli abbonamenti via cavo è allarmante. Da ottobre a dicembre il loro numero totale negli Stati Uniti è diminuito del 6,2 per cento.
Dieci anni fa la Espn aveva più di novanta milioni di abbonati. Oggi sono circa 75 milioni. La Disney è riuscita a mantenere la redditività della Espn aumentando i prezzi. Per ogni abbonato, la Espn riscuote dai provider via cavo una tariffa mensile di più di otto dollari, di gran lunga la più alta tra tutti i canali. Ma quest’epoca sta finendo: secondo gli analisti, nel 2023 per la prima volta le entrate derivanti dagli abbonamenti diminuiranno.
Iger ha dichiarato che la Espn spera di rinnovare il contratto in scadenza con l’Nba, il campionato professionistico di pallacanestro, ma ha aggiunto che il canale dovrà ridurre la spesa per i diritti di altri sport per mantenere la redditività. “Dovremo semplicemente diventare più selettivi”, ha dichiarato.
Dopo un periodo in cui avevano spinto aziende come la Disney a una caccia senza esclusione di colpi per aumentare gli abbonati ai servizi di streaming, gli investitori hanno adottato una nuova mentalità: vogliono vedere profitti. La Disney ha ripetuto più volte che il suo servizio di punta, Disney+, diventerà redditizio entro l’ottobre 2024, e lo ha ribadito l’8 febbraio. Ma Wall street si è dimostrata scettica. Le perdite della divisione streaming della Disney sono state di 1,1 miliardi di dollari nel trimestre che si è chiuso a dicembre del 2022.
Abbonati e prospettive
La Disney ha registrato 234,7 milioni di abbonamenti tra Disney+, Hulu ed Espn+ nell’ultimo trimestre, in calo rispetto ai 235,7 milioni dell’inizio di ottobre. Per farsi un’idea, Netflix nel mondo ha circa 231 milioni di abbonati, 7,7 milioni dei quali arrivati nel quarto trimestre del 2022, ben oltre le previsioni che erano di circa 4,5 milioni.
Disney+ ha perso circa 2,4 milioni di abbonati, arrivando a un totale di 161,8 milioni. Il calo è interamente dovuto alla perdita di abbonamenti alla versione a basso prezzo di Disney+ in India, a sua volta dovuta al fatto che l’anno scorso la Disney ha perso l’asta per il rinnovo dei costosi diritti delle partite di cricket della Indian premier league. Gli altri servizi di streaming crescono: Hulu, che funziona solo negli Stati Uniti, ha registrato un aumento del 2 per cento degli abbonati, stessa crescita registrata da Espn+.
“È ovvio che non possiamo guadagnare di più e crescere senza aumentare gli abbonamenti”, ha detto Iger a proposito di Disney+. Ma l’azienda “è diventata forse un po’ troppo aggressiva” nel commercializzare il servizio in tutto il mondo, ha aggiunto. La Disney si concentrerà sull’intrattenimento per famiglie e bambini (sono in cantiere sequel di Toy Story, Zootropolis _e _Frozen), riducendo la programmazione generalista.
La divisione streaming ha generato entrate per 5,3 miliardi di dollari, con un aumento del 13 per cento rispetto all’anno precedente. E dall’8 dicembre l’abbonamento a Disney+ è passato da otto a undici dollari (un aumento del 38 per cento). L’azienda ha anche introdotto un’opzione a otto dollari con la pubblicità.
Nella sua opera di ristrutturazione, Iger ha affidato la supervisione dello streaming ad Alan Bergman, massimo dirigente della Disney nel settore cinematografico, e a Dana Walden, responsabile dell’azienda per l’intrattenimento e le notizie. I due gestiranno una divisione chiamata Disney entertainment e, secondo gli esperti, entrambi sono potenziali successori di Iger, il cui contratto scadrà nel dicembre 2024.
In totale la Disney ha generato 23,5 miliardi di dollari di ricavi nel trimestre, con un aumento dell’8 per cento rispetto all’anno precedente. Un risultato leggermente superiore a quello previsto dagli analisti di Wall street. ◆ ff
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Questo articolo è uscito sul numero 1499 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati