Le edizioni serali dei telegiornali sono già cominciate quando la presidente del consiglio Giorgia Meloni interviene dai suoi profili social, il 15 settembre. Dall’inizio della settimana tutti i canali televisivi trasmettono le stesse immagini e le stesse notizie. La leader di Fratelli d’Italia lo sa bene: deve rendere conto ai suoi elettori. Sull’isola di Lampedusa, un piccolo angolo di Sicilia e d’Europa a 110 chilometri dalle coste tunisine, gli arrivi dei migranti hanno raggiunto livelli record. Dall’11 settembre le persone sbarcate sull’isola sono più di undicimila: l’equivalente del numero totale di arrivi nel 2019.

“La pressione migratoria che l’Italia sta subendo dall’inizio di quest’anno è insostenibile”, dichiara Meloni in un videomessaggio. Con aria solenne, difende la sua politica sull’immigrazione. Proprio lei, che aveva promesso la linea dura. Proprio lei, che annunciava “un blocco navale” per risolvere la questione. Oggi, un anno dopo, Meloni si ritrova a dover affrontare flussi migratori che l’Italia non vedeva dal 2015-2016. Dall’inizio dell’anno più di 127mila migranti hanno raggiunto le coste italiane, quasi il doppio rispetto allo stesso periodo del 2022.

Durante il suo intervento Meloni pronuncia un discorso ben rodato che somiglia a una giustificazione. Parla di “congiuntura internazionale difficilissima”, di “massa enorme di persone” che “l’Italia e l’Europa non possono accogliere” e soprattutto di “soluzione strutturale” per “fermare i trafficanti di esseri umani e l’immigrazione illegale di massa”. L’Italia, assicura Meloni, è riuscita a imporre all’Unione europea un cambio di paradigma. Ma le sue parole hanno un peso irrilevante davanti alla realtà. La politica migratoria del governo è un fallimento.

Già ad aprile l’Italia aveva dichiarato uno stato d’emergenza di sei mesi per affrontare l’aumento degli sbarchi. Da nord a sud, i centri d’accoglienza hanno dovuto ricorrere a soluzioni di fortuna per trovare un posto ai nuovi arrivati. Alcuni centri hanno predisposto delle tende vicino ai loro edifici, altri hanno allestito frettolosamente dei container. Le gare d’appalto per la costruzione di nuove strutture sono state lanciate un po’ ovunque. Invano.

Le risorse stanziate per la gestione dei centri d’accoglienza sono state riviste al ribasso a marzo con un decreto legge, e anche per questo ci sono state poche manifestazioni d’interesse. Le espulsioni delle persone la cui richiesta d’asilo è stata respinta – la grande promessa dell’estrema destra al potere – restano episodiche: 3.200 negli ultimi dodici mesi. Di questo passo serviranno 51 anni per riportare nei paesi d’origine tutti i migranti arrivati in Italia nell’ultimo anno, spiega Matteo Villa, specialista di questioni migratorie.

Contro le ong

Fin dalla sua vittoria elettorale, Giorgia Meloni ha seguito una strategia comunicativa semplice: non dobbiamo chiederci come gestire l’accoglienza dei migranti, ma fare in modo che non ne arrivino più. Il capro espiatorio, naturalmente, era già pronto: i “taxi del mare”, vale a dire le organizzazioni non governative che fanno salvataggi nel Mediterraneo, attaccate da diversi governi italiani e in modo particolare dal ministro dell’interno Matteo Salvini nel 2018. Oggi Salvini è ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e non demorde. Negli ultimi giorni il leader della Lega ha ripetuto senza sosta che gli sbarchi sono colpa della Germania, accusata di finanziare quelle ong. Ma lo scenario attuale smentisce la teoria secondo cui i salvataggi in mare farebbero aumentare le partenze.

Tra l’11 e il 17 settembre la nave Aurora, noleggiata dall’ong Sea Watch, ha accompagnato 84 migranti nel porto di Catania; la Ocean Viking di Sos Méditerranée ne ha portati 68 fino al porto di Ancona, mentre a Lampedusa la Sea Punk 1, la Nadir e la ResQ People hanno fatto scendere rispettivamente 44, 85 e 96 persone. Queste cifre, irrisorie rispetto al totale delle persone arrivate in Italia, non hanno nulla di eccezionale. Secondo i dati raccolti dalla fondazione Openpolis, infatti, nel 2022 i salvataggi effettuati dalle ong rappresentavano circa il 10 per cento del totale degli sbarchi. Negli ultimi mesi la presenza delle navi di soccorso nel Mediterraneo centrale è stata ridotta al minimo, ma i migranti hanno continuato a raggiungere la costa, in maniera autonoma.

È una delle principali differenze rispetto agli anni precedenti. Per molti italiani le immagini girate negli ultimi giorni a Lampedusa ricordano quelle del 2011, ai tempi della primavera araba, quando i tunisini arrivavano a migliaia a bordo di piccole imbarcazioni di legno.

“Gli sbarchi registrati in Italia quest’anno sono analoghi a quelli del 2015 e del 2016”, sottolinea Flavio Di Giacomo, portavoce per l’Italia dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, sul social network X (ex Twitter). Ma “nel 2016 soltanto 9.440 persone su un totale di oltre 115mila sono arrivate a Lampedusa in maniera autonoma. Tutti gli altri erano stati salvati in mare e poi trasferiti nei grandi porti siciliani, più adatti a gestirne la presenza”. Il fenomeno attuale, invece, provoca inevitabilmente una concentrazione degli arrivi in un unico luogo: una piccola isola abitata da circa settemila persone e con un centro d’accoglienza in grado di ospitare al massimo 400 persone. È come un imbuto puntato su Lampedusa.

Questa dinamica deriva anche dal cambio della rotta nel Mediterraneo centrale. La Libia, infatti, è ormai un punto di partenza secondario, superata abbondantemente dalla Tunisia. Secondo le cifre del ministero dell’interno italiano, le imbarcazioni salpate dalle coste tunisine sono aumentate del 360 per cento rispetto al 2022.

Negli ultimi giorni, lungo il molo Favaloro di Lampedusa, hanno attraccato senza alcuna assistenza soprattutto piccole imbarcazioni in ferro. Capaci di trasportare in media una quarantina di persone, queste barche hanno soppiantato quasi del tutto i gommoni, usati negli ultimi anni da chi partiva dalle coste li­biche.

Gli scafi arrugginiti, arrivati a centinaia nelle ultime settimane, sono una prova lampante del fallimento della strategia diplomatica adottata da Meloni per limitare i flussi migratori. Particolarmente pericolosi per i passeggeri, venivano tutti dalla Tunisia: quando il meteo è clemente, bastano otto o dieci ore per raggiungere Lampedusa da Sfax. A luglio l’Unione europea aveva firmato un memorandum d’intesa con Tunisi per ridurre le partenze, ma non è servito.

Una disfatta politica

Quella che fino a qualche settimana fa sembrava ancora una vittoria diplomatica di Meloni, oggi appare come un affronto, o addirittura una “dichiarazione di guerra”, per usare le parole di Salvini. “Quando arrivano 120 mezzi navali in poche ore non è un episodio spontaneo, è un atto di guerra. Sono convinto ci sia una regia dietro a questo esodo. Il traffico è organizzato a monte, sulle coste africane, con qualcuno che finanzia”, ha attaccato il ministro, riesumando l’idea di far intervenire la marina militare.

Per Giorgia Meloni è una disfatta politica. Con la scelta di non assegnare a Salvini il suo ministero prediletto, quello dell’interno, era riuscita a mantenere il controllo su un tema molto caro all’elettorato di estrema destra. Ma oggi deve assumersene la responsabilità.

Pur ammettendo che la presidente del consiglio “fa tutto quello che può” per arginare i flussi migratori, in settimana Salvini ha moltiplicato le prese di posizione dure, mentre Meloni ha privilegiato un atteggiamento diplomatico. Il capo della Lega non ha perso occasione per vantare il suo bilancio personale: “Quando ero ministro io gli sbarchi erano meno di un decimo di quelli a cui stiamo assistendo”. A pochi mesi dalle elezioni europee, la Lega sta evidentemente cercando di posizionarsi come unica forza politica capace di contrastare gli arrivi dei migranti sulle coste italiane. ◆ as

Da sapere
Nuove norme

◆ Il 16 luglio 2023 la Tunisia ha firmato un accordo con l’Unione europea che include aiuti per 105 milioni di euro per il controllo delle frontiere e per limitare le partenze di migranti.

◆ Da allora sono arrivate in Italia almeno trentamila persone. Secondo alcuni esperti, la tempesta Daniel ha fermato le partenze per qualche settimana ma ora, negli ultimi giorni prima dell’autunno, le imbarcazioni hanno ripreso il mare. Anche la disastrosa situazione economica della Tunisia e la crescente ostilità contro i migranti alimentata dal presidente Kais Saied spingono molti a partire.

◆ Il 18 settembre il consiglio dei ministri ha varato nuove misure sull’immigrazione. Chi arriva irregolarmente in Italia potrà essere trattenuto fino a 18 mesi (attualmente sono 12) e saranno costruiti nuovi centri di permanenza per i rimpatri, in modo che ce ne sia uno per regione. Altre misure potrebbero riguardare i minori non accompagnati, per i quali potrebbe non essere più sufficiente una semplice autocertificazione. Ap


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Questo articolo è uscito sul numero 1530 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati