L’alluvione che ha rivelato l’assenza dello stato
Negli ultimi anni una serie di catastrofi ha colpito il Brasile producendo immagini sconvolgenti. La rottura della diga di Brumadinho nel 2019, la strage nella favela di Jacarezinho, le fosse comuni scavate per il covid-19, la calca degli abitanti di Rio, pochi mesi fa, per prendere qualche avanzo di carne dai camion dell’immondizia. Ma non è stato abbastanza.
Il 15 febbraio a Petrópolis, una città montuosa a nord di Rio de Janeiro, le piogge straordinarie hanno distrutto case, trascinato via persone, sommerso autobus e macchine. Le alluvioni sono state molto più gravi di quelle che poco tempo fa avevano colpito gli stati di Bahia e Minas Gerais.
In mancanza di squadre specializzate per il soccorso, i sopravvissuti scavano nel fango con bastoni o con le mani sperando di trovare i corpi di parenti e amici. Vogliono dargli sepoltura e affrontare il lutto. Invece di fermarsi per curare le ferite fisiche e psicologiche, gli abitanti cercano di supplire all’assenza di pompieri e di uomini della protezione civile.
Cattiva gestione
Gizelia Carminate scava fra i detriti in cerca dei cadaveri della figlia di 17 anni e di un bambino di un anno. In cima alla collina, dove c’è la favela Oficina, sono al lavoro alcune persone con pale, picconi e pezzi di legno. “Abbiamo trovato gli occhiali di nostra zia e un documento, solo così abbiamo capito che questa era casa sua”, dice Leandro Menezes. Sta spaccando il tetto con una mazza. Non c’è neanche un pompiere.
Roberto Braga Junior è al quarto giorno consecutivo di ricerche nel fango: vuole recuperare i corpi della moglie, di due figli e della suocera. Nella zona chiamata Centro, Leandro Rocha ha mobilitato la famiglia e gli amici per cercare il cadavere del figlio di 17 anni, che al momento del disastro era su un pullman svanito nella piena del fiume.
◆ La pioggia caduta il 15 febbraio 2022 a Petrópolis, una città nello stato di Rio de Janeiro, ha provocato inondazioni e smottamenti del terreno. Le vittime accertate sono almeno 186, i dispersi più di cento. In poco più di tre ore sono caduti 260 millimetri di pioggia, il volume più alto mai registrato nella regione dal 1932. Afp
In tutta la città si ascoltano storie simili. Anche se i soccorritori sono davvero troppo pochi per il compito, il governatore Cláudio Castro (del Partido liberale, destra) ha rifiutato più di una volta l’offerta di aiuto da parte di altri stati. “Le nostre squadre sono sufficienti”, ha detto il 17 febbraio. Anche il comandante dei pompieri, Leandro Monteiro, ha affermato che i soccorritori bastano, nonostante le scene che si vedono in città dicano il contrario.
Il governo dello stato di Rio non è stato all’altezza della situazione. Castro avrebbe dovuto accettare l’appoggio esterno e chiederne, se possibile, di più. E poi perché le forze armate non hanno mandato a Petrópolis centinaia di soldati? Nel rituale che accompagna catastrofi simili, gli amministratori pubblici hanno l’abitudine di farsi vedere sulla linea del fronte, se non altro per coordinare le squadre della protezione civile e offrire aiuti alle vittime. Il governatore di Rio non ha fatto neanche questo e ha risposto con aggressività alle critiche. Se qualcuno ha diritto di protestare non è lui, ma i cittadini di Petrópolis: oltre ai danni e alle perdite, devono cercare i corpi dei loro cari sommersi dal fango.
Sarebbe molto grave se i leader politici cominciassero a considerare catastrofi come questa la nuova normalità. ◆ ar