Nel suo saggio The french and moslem backgrounds of The radiance of the king (Il retroterra francese e musulmano dello Sguardo del re), il critico nigeriano Ben Obumselu si lancia in una coinvolgente esegesi dello slancio politico, linguistico e religioso che sta dietro il romanzo Lo sguardo del re dello scrittore guineano Camara Laye. Obumselu fa alcune osservazioni illuminanti su Clarence, il protagonista del romanzo. Ci dice, per esempio, che “nello schema del suo sviluppo c’è un’idea implicita”; in un altro passaggio osserva che “la storia comincia con il risveglio spirituale dell’eroe”; in un altro ancora ipotizza che l’eroe provi “la sensazione morbosa di una natura divisa”.
Le stesse osservazioni possono essere estese al primo romanzo autobiografico di Laye, Un bambino nero (Aiep 2019), che racconta il passaggio all’età adulta dell’autore. In entrambe le trame l’attenzione è sempre posta sullo sviluppo di un giovane uomo attraverso un periodo di conflitto con la natura o i luoghi che porta a un risveglio, a una rivelazione o a una comprensione: esperienze che permettono all’eroe di raggiungere la maturità.
Molti dei romanzi nigeriani scritti dopo il 1999 seguono la stessa logica: una persona scopre che il suo destino è influenzato da tutto ciò che le accade intorno
In generale è così per tutta la letteratura nigeriana degli ultimi 24 anni. Le parole centrali sono “età”, “maturità”, “sviluppo”, “risveglio”, “fare i conti” e i loro sinonimi. Tutte sono collegate al rapporto dei protagonisti con il loro ambiente e il loro atteggiamento positivo o attivo. Molti dei romanzi nigeriani scritti dopo il 1999 seguono la stessa logica: una persona che cresce in un luogo particolare scopre gradualmente che la sua vita e il suo destino sono profondamente influenzati da tutto ciò che le accade intorno.
L’ibisco viola, il primo romanzo di Chimamanda Ngozi Adichie (Einaudi 2015), è un buon esempio di una storia in cui lo sviluppo, la maturità e la comprensione del mondo del personaggio principale sono rafforzati e fortemente influenzati da ciò che accade sullo sfondo. Adichie lo esplicita in termini letterali e metaforici. La protagonista della vicenda è una bambina timida di nome Kambili, che cresce sotto il repressivo regime militare nigeriano degli anni novanta. Suo padre, Eugene, è un uomo facoltoso, altrettanto repressivo nei riguardi della sua famiglia. La popolazione soggiogata dalla giunta riflette il rapporto tra Eugene e la sua famiglia: Kambili e suo fratello crescono come due bambini sottomessi e quasi muti.
In questo contesto, come fa Kambili a maturare e conquistare finalmente la libertà che le viene negata nella casa paterna? La risposta arriva quando lei abbandona i luoghi dove ha trascorso l’infanzia e la prima adolescenza e si trasferisce a casa della zia. Qui comincia a vedere il mondo con occhi nuovi; le si aprono degli orizzonti, e proprio in quel momento, in Nigeria la giunta viene rovesciata. Poco dopo, Eugene muore per cause non naturali in circostanze simili a quelle della fine del regime militare. Lo sviluppo di Kambili è completo: può finalmente raggiungere la libertà ed esprimersi senza costrizioni. L’ibisco viola parla essenzialmente della transizione della Nigeria dai regimi militari alla democrazia, che fa il suo ingresso nel maggio 1999 con il presidente Olusegun Obasanjo (che, particolare interessante, fino a pochi mesi prima era in prigione). Il messaggio è chiaro: le botte e le violenze sono finite: Kambili è cresciuta, il paese è cresciuto. Quello di Adichie è un romanzo pieno di speranza per il nuovo secolo.
Secondo Sarah Graham, insegnante all’università di Leicester, nel Regno Unito, e autrice del saggio A history of Bildungsroman, la struttura del romanzo di formazione è una delle più significative emerse dal settecento in poi. Anche se si possono trovare esempi del genere in epoche precedenti, soprattutto nel teatro elisabettiano, le tracce delle sue origini risalgono in gran parte al diciottesimo secolo, a cominciare da I dolori del giovane Werther di Wolfgang von Goethe, del 1774. Nel secolo successivo autori come le sorelle Brontë, Charles Dickens e Gustave Flaubert hanno scritto importanti libri in questo filone. Naturalmente il romanzo di formazione per eccellenza, per come lo intendiamo oggi, è emerso in forma più concreta all’inizio del novecento. Qui lo sviluppo dell’eroe non è tanto fisico ma psicologico, spirituale o intellettuale: un viaggio verso la maturità.
Il termine Bildungsroman è composto da due parole tedesche che significano “educazione” e “romanzo” (un esempio perfetto arriva ancora da Goethe con il suo Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister). Il Bildungsroman è entrato nella pratica romanzesca con la pubblicazione di Ritratto dell’artista da giovane di James Joyce nel 1916, la storia della crescita psicologica e artistica del giovane eroe in un’Irlanda rigidamente cattolica e pronta a esplodere. Studiosi come Robert White hanno parlato di Künstlerroman, un’altra parola composta di origine tedesca, che solitamente racconta la storia di “un viaggio interiore verso la scoperta della vocazione dell’artista”.
Rispetto all’esperienza africana, il primo romanzo del genere, anche se non del tutto aderente al canone tipico, è forse Mine boy (Ragazzo della miniera) del sudafricano Peter Abrahams, pubblicato nel 1946. Il primo esempio proveniente dall’Africa occidentale è Un bambino nero di Camara Laye. Nella Nigeria attuale questi romanzi sono sempre più frequenti, ed è interessante chiedersi perché. Il loro tema centrale è quasi sempre il passaggio del protagonista dall’infanzia all’età adulta attraverso l’adolescenza, con un percorso riconoscibile o addirittura stereotipato. Cominciamo a leggere questi testi sapendo che i personaggi partiranno da un fondo di ingenuità e finiranno per capire qual è il loro posto nel mondo. Semplificando, possiamo dire che il Bildungsroman è la forma dominante nel romanzo nigeriano di oggi.
Come notavamo, il percorso di formazione descritto in molti romanzi nigeriani contemporanei è rappresentativo del percorso di formazione della Nigeria stessa. Gli autori sembrano aver trovato la loro vena letteraria in questa constatazione attraverso uno schema: la Nigeria di oggi è nata dopo decenni di dominio militare che hanno segnato la sua esistenza nella seconda metà del novecento; i romanzi nigeriani si sono spostati dalle lamentele e le proteste contro la classe militare e politica (come negli ultimi romanzi di Chinua Achebe e nelle opere di Ifeoma Okoye, Isidore Okpewho, Festus Iyayi, Kole Omotoso e Ken Saro-Wiwa) a storie di maggiore introspezione e più profonda indagine psicologica. Soprattutto, vediamo un’attenzione allo spazio mentale dei personaggi e al loro modo di fare i conti con l’evoluzione democratica del paese. Il processo di formazione di un personaggio o di un eroe si rivela solo nelle circostanze della sua educazione, soprattutto data l’unicità del contesto in cui si muove.
In Il meglio deve ancora venire (Epoché 2005) di Sefi Atta la protagonista Enitan si trova nel vivo degli eventi della Nigeria degli anni novanta. Il libro è la storia della sua “educazione sentimentale” dall’infanzia all’adolescenza. All’inizio del romanzo, ci viene presentata come un’innocua bambina che gioca nel cortile di casa, quasi completamente isolata dal caos di Lagos. Ma questa situazione non dura a lungo, perché entrando nell’adolescenza vive il trauma dello stupro di una sua amica: è un’esperienza che la tocca profondamente e acquista un ruolo nel suo rapporto instabile con gli uomini. Anche la sua famiglia è lo specchio della Nigeria, con un padre molto politicizzato e una madre religiosa. A un certo punto arriva la svolta: Enitan è sempre stata piuttosto indifferente ai problemi che vede intorno a sé, ma la sua crisi matrimoniale e l’arresto del padre le fanno fare il salto verso l’attivismo e la difesa delle donne, e trova così la maturità intellettuale che avrebbe raggiunto da tempo se fosse cresciuta in un contesto diverso. La società patriarcale nigeriana e la dittatura la spingono finalmente a prendere atto che la docilità non è la soluzione.
Il motivo dell’educazione dell’eroe a partire dall’ambiente circostante è sempre presente nelle storie di formazione nigeriane. La ladra di parole (Nord 2021) di Abi Daré è un altro romanzo di formazione femminista. Come quello di Atta, l’esordio di Daré racconta la storia di una bambina dall’infanzia all’età adulta. La protagonista, Adunni, è lo stereotipo della ragazza di campagna povera che va in città a fare la cameriera, ma improvvisamente diventa la terza moglie di un uomo di mezza età, Morufu. La descrizione della povertà e dei suoi effetti su Adunni sembrano un tentativo deliberato di commentare la povertà intersezionale che affligge la Nigeria, dove secondo un rapporto del 2023 più di settanta milioni di persone vivono in condizione d’indigenza.
Le umiliazioni che Adunni subisce da Labeke, la prima moglie di Morufu, a causa della sua povertà, a volte sono una lettura molto dura, ma questa è la realtà del paese, dove le leggi sui diritti delle donne non sono prese sul serio. Sia nel romanzo di Atta sia in quello di Daré, le protagoniste ci fanno capire che la Nigeria del ventunesimo secolo è ancora profondamente patriarcale. Le sorti delle eroine dei due romanzi sono le sorti del paese, e non in senso positivo.
Se c’è una cosa da notare nella maniera in cui la Nigeria è entrata nel ventunesimo secolo, è che lo ha fatto all’insegna dello sviluppo passando da un regime militare a un governo civile e che sembra decisa a tutti i costi a non tornare indietro. I politici si sono avvicendati promettendo cambiamenti ma lasciando il paese più disastrato di prima. Niente è veramente cambiato, né in superficie né in profondità. I vecchi ostacoli restano: corruzione, tribalismo, nepotismo, violenza. Col passare degli anni, i problemi si sono aggravati, come testimonia l’incertezza politica ed economica dell’ultimo decennio. I cittadini ne stanno pagando le drammatiche conseguenze, come l’aumento del prezzo del petrolio, dei generi alimentari e di altri beni. Poi c’è la violenza, sia settaria sia di genere, come quella, legittimata dal governo, contro gli omosessuali.
E tutte queste cose sono state raccontate dalla narrativa degli ultimi quindici anni.
Fine boys (Bravi ragazzi) di Eghosa Imasuen, pubblicato nel 2011, è un viaggio nell’insensatezza della violenza nelle università, un tema che desta ancora grande preoccupazione nella Nigeria contemporanea. Il protagonista, un adolescente di nome Ewean, raggiunge la maturità attraverso la violenza, che diventa la sua educazione, un’educazione brutale che lo scaraventa nel mezzo del tumultuoso attivismo politico del periodo del regime totalitario di Sani Abacha negli anni novanta. Il raggiungimento della maturità in quel contesto dà vita a un personaggio simile ai nigeriani più adulti di lui, emersi dalla lunga notte della tirannia che ha segnato gli ultimi anni del novecento. Quei nigeriani erano sicuramente animati da una sproporzionata speranza di un ritorno della democrazia. Con il senno di poi, la Nigeria è stata all’altezza delle aspettative?
Mentre il clima del campus universitario influenza l’evoluzione di Ewean, i problemi irrisolti del paese risuonano in sottofondo: scioperi, corruzione, proteste. Ewean e i suoi compagni ricordano la Kambili dell’Ibisco viola. Prevedibilmente, la loro crescita, il momento della loro maturità, il loro risveglio, arriva quando raggiungono la libertà letterale e simbolica, andandosene da una casa soffocante e dal contesto politico degli anni novanta.
Un altro romanzo che tratta di un tipo di violenza riconducibile non solo alla Nigeria degli anni novanta in cui è ambientato, ma di una violenza che è stata amplificata nel ventunesimo secolo, è And after many days (E dopo molti giorni) di Jowhor Ile, uscito nel 2016. È un libro in cui, anche nella prosa, sono palpabili il disagio e il terrore sotto il regime di Abacha nel crepuscolo dei regimi militari. Il romanzo racconta la storia di Ajie, il figlio più piccolo di una famiglia di Port Harcourt, della sparizione di suo fratello Paul e dell’impossibilità di scoprire esattamente perché è scomparso: è morto, è stato rapito o chissà. Anche qui i personaggi non riescono nemmeno a elaborare i loro sentimenti sulla perdita, incerti se rassegnarsi al lutto o aspettare all’infinito un ritorno di Paul che non arriverà mai. Viene subito alla mente Anatomia di una scomparsa di Hisham Matar, del 2011: i rapimenti e le esecuzioni clandestine del regime in Libia, a cui Matar accenna velatamente nel romanzo, fanno pensare alla Nigeria raccontata da Ile. La trama si svolge nel 1995, che per chi ha familiarità con la storia del paese è un anno significativo. È l’anno dell’eccidio dei nove ogoni, tra cui il famoso scrittore e attivista Ken Saro-Wiwa, che provocò sdegno a livello internazionale facendo capire a tutto il mondo che la Nigeria era sotto una spietata dittatura. Il romanzo di Ile cattura perfettamente la tensione di quegli anni.
Il brusco passaggio all’età adulta di Ajie dopo la scomparsa del fratello fa parte della realtà di chi cresce in un regime repressivo, dove la morte violenta e le sparizioni improvvise sono all’ordine del giorno. Mentre racconta la sua storia, Ajie ripercorre e analizza ogni aspetto di quegli anni formativi. E ancora una volta emergono i soliti problemi: la violenza studentesca, la scarsità del petrolio, le proteste e la brutalità della polizia.
Sono problemi ricorrenti, e ogni nuova generazione è costretta ad affrontarli come una ferita infetta che non guarisce mai, giungendo in questo modo alla maturità. Affrontare i problemi del paese è una scuola: crescere in Nigeria vuol dire essere proiettati senza volerlo nella politica dell’esistenza, un’esistenza in cui bisogna prendere rapidamente decisioni da adulti, indipendentemente dall’età. E ancora una volta, l’educazione consiste nel processo della crescita.
Nella Nigeria del ventunesimo secolo, nessun Bildungsroman illustra meglio questa realtà di Blessings (Benedizioni) di Chukwuebuka Ibeh, del 2024. Il romanzo affronta un tipo di violenza che costringe alla crescita l’eroe, Obiefuna, un ragazzo gay dei primi anni 2000. Ovviamente, la storia ruota attorno una preoccupazione nuova in Nigeria (anche se è antica quanto il paese stesso), quella della violenza contro le persone lgbt, che nel 2014 sono state dichiarate fuori legge dal governo. Attraverso la maturazione di Obiefuna, Ibeh ci fa sentire l’umanità intrinseca di tutti.
La sua è un’educazione sentimentale, un viaggio verso la maturità psicologica. Ci sono molta introspezione e molta spontaneità, ma in qualche modo, grazie alla stessa alchimia che si crea nella mente dei giovani quando l’ambiente circostante sembra cospirare contro di loro, Obiefuna cresce in fretta. L’illuminazione gli arriva gradualmente, ma lui capisce subito il suo posto nel mondo grazie all’amore e al sostegno della madre, concludendo che “da nessun’altra parte si sarebbe mai sentito a casa”. La maturità di Obiefuna sta nella sua insistenza quasi testarda a riconoscere l’amore ovunque lo veda, a dispetto della società che lo circonda, nella scelta di riconoscere ogni piccola “benedizione”.
Nell’Africa occidentale vediamo una caratteristica importante del ventunesimo secolo, una situazione di cui si occupa anche la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Ecowas): un problema che nasce in un paese tende a sconfinare negli altri. Quello che viene percepito come un problema locale, dunque, in realtà è collettivo, o lo diventerà presto.
Il romanzo di Elnathan John Born on a tuesday (Nato di martedì), del 2016, illustra questo scenario incendiario con fredda precisione ed empatia. Il romanzo racconta la storia di Dantala, che si ritrova invischiato nella violenza settaria e in una serie di rivolte simili a quelle che tormentano la Nigeria dai primi anni duemila. Il racconto getta uno sguardo intimo sulla rivolta islamica e su come i musulmani poveri spesso si ritrovino cooptati a forza in questa traiettoria esplosiva. Il percorso di formazione di Dantala è intriso di violenza. Secondo il rapporto speciale di Jibrin Ibrahim e Saleh Bala dello United States institute of peace, negli ultimi 14 anni molte giovani vite sono state stroncate dalle rivolte: uno sviluppo interrotto per tanti bambini e adolescenti spesso infiltrati da jihadisti a loro volta giovanissimi. Questo rozzo contatto con un ambiente tanto instabile produce adulti con un linguaggio e una fisicità permeati dalla violenza. È un fenomeno che tende a diffondersi molto rapidamente. Nel caso di Dantala è istigato dalla voglia di vendetta: quando raggiunge la maturità, è ormai un uomo distrutto, influenzato nella sua visione del mondo da una serie di traumi di cui forse non è nemmeno consapevole.
È la stessa dinamica che troviamo in Bestie senza una patria di Uzodinma Iweala (Einaudi 2005). Ambientato in un paese africano senza nome, il romanzo racconta la storia di Agu sullo sfondo di una lunga e devastante guerra civile. Costretto a una vita da adulto fin dall’infanzia, diventa un feroce soldato bambino, che uccide e stupra senza remore. Il suo percorso di formazione segnato dalla violenza mette in luce i pericoli di un contesto del genere, che distorce la mente dei bambini nel pieno della crescita lasciando le persone gravemente traumatizzate.
Purtroppo, questa è la situazione dell’Africa occidentale a cavallo tra gli anni novanta e duemila. In un saggio su Bestie senza una patria, Jean Allman, storica della Washington university di St. Louis, negli Stati Uniti, osserva che questo romanzo s’ispira senza citarle esplicitamente alla Sierra Leone e alla Liberia, due nazioni piagate da lunghissime guerre civili, con il loro corollario di bambini soldati, avidi signori della guerra e miniere illegali. Lo stesso vale per Born on a tuesday. Negli ultimi dieci anni, Boko haram e altri movimenti del genere hanno sconfinato in diversi paesi del subcontinente dell’Africa occidentale, dal Niger al Burkina Faso fino al Mali. Al dilagare della violenza hanno contribuito anche i colpi di stato che hanno rovesciato le amministrazioni civili.
Inoltre i regimi militari stanno unendo le forze per formare un nuovo organismo regionale, mentre i governi civili rimangono nell’Ecowas. Al di là dei confini nazionali, la politica dell’Africa occidentale si divide anche in base ai raggruppamenti linguistici e religiosi: da una parte i paesi francofoni, dall’altra quelli anglofoni; da una parte i musulmani e dall’altra i cristiani. Diventare adulti in questa regione significa non solo essere al corrente di queste divisioni e violenze, ma sperimentarle in prima persona. Che tipo di adulti esce da un’esperienza simile?
Il romanzo di formazione nigeriano solleva questa e altre domande importanti. Il governo democratico della Nigeria di oggi è migliore o più accogliente dei regimi violenti che hanno definito il paese del novecento dopo una guerra civile, vari colpi di stato e decenni di dominio militare? E soprattutto, come affrontano questo i nigeriani, dentro e fuori del paese? In qualche modo, gli scrittori hanno trovato le risposte più naturali a queste domande osservando la realtà attraverso la lente del percorso di crescita dei personaggi dall’infanzia all’età adulta.
Nell’insieme sembrano chiedersi quale sia la vera storia della Nigeria. Possiamo dire che è quella di ogni persona che abbia vissuto sulla sua pelle la storia del paese. Non c’è educazione migliore dell’esperienza.
Il Bildungsroman è il romanzo nigeriano per eccellenza. Nessun altro genere narrativo riesce a cogliere cosa vuol dire essere nigeriani nel mondo volubile, interconnesso e ad alta velocità del ventunesimo secolo. L’esperienza del passaggio all’età adulta è l’esperienza nigeriana più autentica e il problema è familiare e urgente.
Consapevolmente o no, nella nostra letteratura del ventunesimo secolo tutto sembra collegarsi al desiderio della scrittura di educare e informare attraverso lo specchio del contesto geografico, politico, economico e sociale da cui scaturisce. Nessuna forma di romanzo rispecchia la Nigeria e la sua esperienza come quello di formazione. Le storie che racconta e i temi che solleva sono grosso modo un ritratto del paese e dei suoi molti problemi. Sembra attirare l’attenzione sul fatto che, mentre combatte per arrivare alla maturità, tutti i problemi che lo frenano devono essere risolti affinché possa esprimere in pieno il potenziale di crescita promesso all’inizio degli anni sessanta, dopo l’indipendenza. ◆ fas
Chinua Ezenwa-Ohaeto è un poeta e insegnante nato in Nigeria. Vive negli Stati Uniti. Questo articolo è uscito sul giornale nigeriano The Republic con il titolo The coming of age novel as a portrait of Nigeria.
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Questo articolo è uscito sul numero 1585 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati