Per l’ottavo (e ultimo?) volume delle avventure di Benjamin Malaussène, Pennac ci porta ancora una volta a Belleville e oscilla tra passato e presente. Benjamin è ancora lì, così come Talion e il cane Julius, ma anche Verdun, alias il giudice Talvern, Mara, Set, Mosma e tanti altri che si sono aggiunti, libro dopo libro. Nell’episodio precedente c’era stato il rapimento di un uomo d’affari, Georges Lapiéta, e la situazione si era complicata tra veri delinquenti, finti poliziotti e artisti in erba. Eccoli di nuovo in giro per Belleville mentre un certo Pépère, un uomo che ha “la morte nel sangue”, si aggira nell’ombra. Pennac non ha mai variato i suoi gusti e le sue scelte. Ama l’aneddoto, la trasgressione, il perenne conflitto tra emotivo e sociale, senza dimenticare il piacere di raccontare storie che s’incastrano come bambole russe e di infilare qualche monologo che scuote ancora di più la narrazione. I personaggi hanno cuore, umorismo e un passo veloce come la scrittura del loro creatore. Ma cosa fare quando ci si trova di fronte a un nonno che predica l’autocontrollo, lo stoicismo e la capacità di uccidere senza passione? Il segreto potrebbe risiedere nel gratin dauphinois, nello spritz o nelle storie d’amore in cui ci si mente l’un l’altro. È impossibile dire di più su questo romanzo radioso, perché il finale è un fuoco d’artificio. All’improvviso, Pennac mette insieme il passato e il presente, lo spirito familiare e la tentazione della libertà. Il suo senso del romanticismo e la sua astuzia letteraria sono al massimo.
Christine Ferniot, Télérama
Questo romanzo si apre con un suicidio, che è sempre un modo piacevole per catturare l’attenzione del lettore. Julien Libérat, pianista fallito, si getta dalla finestra mentre trasmette le immagini sui social network. Ovvero, come conciliare Icaro e Narciso. Cosa lo ha spinto a commettere un atto del genere? In L’antimondo, un intelligente romanzo balzachiano post-Facebook, Nathan Devers introduce un altro personaggio, il mefistofelico Adrien Sterner. Sterner è una sorta di Mark Zuckerberg francese, più intellettuale dell’originale, influenzato dall’Apocalisse di san Giovanni e dalla Città di dio di sant’Agostino. Ha creato l’antimondo, un metaverso con un miliardo di seguaci in tutto il pianeta. Disgustato dal suo destino nella realtà, Julien Libérat diventa un provocatorio poeta sotto l’avatar di Vangel. Sterner comincia a sponsorizzarlo e a spingerlo, finché le cose non gli sfuggono di mano. Tanto inventivo quanto divertente, L’antimondo è il primo buon romanzo sul metaverso. Michel Houellebecq dovrebbe accogliere Devers come un degno erede. È ora di cancellarsi da tutti i social network e leggere questo libro nella vita reale.
Louis-Henri de La Rochefoucauld, L’Express
Gwen E. Kirby
Una sacerdotessa maledetta, donne scarafaggio radioattive e una guerriera con la testa mozzata, insieme a molte altre storie simboliche eppure reali di donne attraverso i secoli, riempiono il libro _Lo schifo che ha visto Cassandra _di Gwen E. Kirby. Questa raccolta di ventuno racconti brevi mette sullo stesso piano donne dell’antichità e dei giorni nostri, mostrando al lettore una cruda realtà: quanto alla fine siamo tutti simili. Kirby apre il libro con la storia di Cassandra, figlia dell’ultimo re dell’antica Troia, una sacerdotessa che vede il futuro e che in seguito predirà la caduta della città. Cassandra è votata al dio Apollo, che “quando rifiutò le sue avances… le sputò in bocca perché non fosse mai più creduta”. La scrittrice richiama l’attenzione sulle liceali che sono adocchiate da vecchi inquietanti, su una madre che se ne sta a casa da sola a preparare i costumi per la recita scolastica mentre è rimproverata da un fantasma del settecento per aver tradito il marito assente, sulla mamma divorziata la cui sanità mentale dipende dalle piastrelle del bagno. Kirby tira un filo attraverso le storie di questi personaggi, collegandoli tra loro e rendendoli familiari come vicini di casa. Attraverso stili di scrittura non convenzionali e una prosa di grande impatto, _Lo schifo che ha visto Cassandra _è un calderone ribollente di fantascienza, narrativa storica e intelligenza.
Emma David, Bust
La colonia ritrae vite irlandesi messe all’angolo dal peso morto della tradizione. Si svolge in un’isola atlantica al largo della costa occidentale dell’Irlanda, lunga tre miglia, con una popolazione che nel 1979 è scesa a due cifre. Qui si muovono due stranieri. Lloyd è un artista londinese che vuole rivitalizzare la sua carriera in declino. Ha affittato un cottage per l’estate, aspettandosi la solitudine, e non è contento di scoprire che la casa vicina è stata occupata da Jean-Pierre, un linguista francese che ha fatto dell’isola il suo laboratorio di dottorato nelle ultime cinque estati. Il francese è altrettanto scontento di scoprire un inglese sulla “sua” isola. Inevitabilmente i due uomini si scontrano. Così tocca a James, uno dei pochi adolescenti rimasti sull’isola, fare da intermediario. Facendo amicizia con Lloyd, James scopre un talento per la pittura e aspira a tornare con lui a Londra per diventare un artista. La madre vedova – che di giorno fa da modella per Lloyd e di notte s’infila nel letto di Jean-Pierre – avverte che Londra non sarà facile per lui. Sarebbe sbagliato dire che il libro raggiunge un culmine: in perfetto stile irlandese, la storia torna al punto di partenza, e con la tipica malinconia irlandese si posa di nuovo sull’isola.
Jonathan Myerson, The Guardian
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