Un romanzo sulla memoria in cui s’intrecciano le devastazioni ancora vive della guerra civile e i villaggi rurali di una Spagna svuotata. Edurne Portela combina due elementi eterogenei: la scoperta da parte delle giovani generazioni del passato traumatico dei loro genitori e dei loro nonni, chi vittime e chi carnefici, e il ritiro in un villaggio di montagna (Pueblo Chico) di persone che, grazie al lavoro da remoto, fuggono dalla città e incontrano un mondo primitivo e ostile. Da qui nasce una storia satura di violenza, in cui Pedro è la presenza costante, dalla sua infanzia brutalizzata durante la guerra al suo presente di vecchio taciturno e invalido, depositario della memoria frammentata del luogo. Pedro è il testimone di un passato indicibile, delle atrocità viste, dell’odio spietato che ha praticato. Ariadna invece appartiene al presente. È arrivata in paese con Eloy, con cui forma una coppia in crisi che si concede un anno di prova, anche se le ragioni di Ariadna per questo ritiro si riveleranno via via, fino a quando si aprirà un varco tra lei e il vecchio Pedro. È compito del lettore scoprire questi legami segreti, i nodi che tengono insieme i fili sul rovescio dell’arazzo. Per renderlo possibile, l’autrice ha frammentato la storia e gli episodi che la compongono, andando avanti e indietro, alternando tempi e personaggi, in modo che lo svelamento di ciò che è accaduto quando Pedro era bambino sia progressivo. Edurne Portela affronta il problema di una memoria collettiva difficile da gestire, in cui la violenza non è monopolio di una fazione o di un gruppo, in cui l’ingiustizia, in diversa misura, sembra essere stata inflitta a tutti.
Domingo Ródenas de Moya, El Periódico
Ovunque si guardi, c’è sempre il mare. Spesso non è blu, magari è opaco e grigio, ma in ogni caso è come un’ipotesi sempre aperta, la promessa di una fuga. Eppure questa promessa non dà nessun conforto ai personaggi che Tanguy Viel ritrae libro dopo libro, intrappolati in destini segnati da una sorta di fatalità. Oggi è il caso di Laura, protagonista fragile e testarda, e di Max, suo padre. Vittime di un ordine sociale tristemente disumano a cui pensavano di poter sfuggire. Laura non è però la voce narrante di questa storia. Viel ha affidato questo ruolo a un narratore discreto di cui non sappiamo nulla. Ma chiunque sia, è intelligente e diabolicamente ben informato. Tutti questi elementi si fondono in una narrazione densa e avvincente. La giovane Laura ha un appuntamento con Quentin Le Bars, il sindaco di una piccola città bretone, per chiedergli aiuto nella ricerca di una casa. Il risultato è che Laura si trasferisce in una delle stanze del casinò gestito da Franck Bellec, un uomo importante e amico del sindaco. Una sistemazione per la quale, ovviamente, la giovane dovrà pagare il prezzo.
Nathalie Crom, Télérama
A vent’anni Goenawan non aveva tempo per leggere nulla, se non i manga. Un giorno, un collega le prestò Norwegian wood di Haruki Murakami. Questo ha riacceso il suo amore per la lettura. Ha cominciato con altri romanzi di Murakami e ha continuato con quelli di altri autori giapponesi come Yoko Ogawa, Banana Yoshimoto e Hiromi Kawakami. Poi ha deciso di mettersi a scrivere. Cresciuta in Indonesia, e arrivata a Singapore da adolescente, Goenawan è stata a lungo affascinata dalla cultura giapponese, e in Giappone ha ambientato tutti i suoi tre romanzi. L’ultimo racconta la storia di Shouji Arai, un uomo che lavora come “prostituta dell’orecchio”, una persona che ascolta clienti ricchi parlare dei loro affari delicati. Le due regole dell’azienda sono “nessun giudizio e totale segretezza”, ma Shouji rompe l’accordo ed è costretto a fuggire, perseguitato dai ricordi della sua ragazza scomparsa Yuko. Goenawan dice che i suoi romanzi sono come degli iceberg: i lettori vedono solo la punta del mondo in cui vivono i personaggi.
Toh Wen Li, The Straits Times
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