Olivia è andato fuori catalogo e ci è rientrato diverse volte da quando è uscito per la prima volta nel 1949. Ma è stato riconosciuto come un capolavoro fin dall’inizio. Quest’ultima edizione contiene una nuova introduzione di André Aciman (l’autore di Chiamami col tuo nome) che ben contestualizza la storia del romanzo e il suo impatto immutato. Aciman ammette anche di essersi ispirato a Olivia per il suo libro di maggior successo. È notevole che sebbene fosse molto ben inserita nel circolo di Blooms-bury (era la sorella di Lytton Strachey e la traduttrice di André Gide), Strachey abbia scritto solo questo romanzo e che abbia avuto il coraggio di pubblicarlo solo passati i sessant’anni. Olivia è un romanzo radicato nella vita reale di Strachey: è la storia di una giovane di buona famiglia che, spedita in un prestigioso collegio francese, s’innamora di un’insegnante, mademoiselle Julie. Il sentimento è ricambiato anche se Julie è consapevole del fatto che la loro è una relazione proibita. Ma non è tanto la trama a essere avvincente, quanto la ricchezza del linguaggio, la capacità di analisi di Strachey nell’esplorare i meandri emotivi della sua giovane protagonista. Strachey ci prende per mano aiutandoci a riscoprire la complessità e le contraddizioni del primo amore. Questo romanzo breve e asciutto ha momenti di eccezionale bellezza e profondità, dalle descrizioni di Parigi a quelle delle persone che ruotano intorno alle protagoniste.
Rhea Rollmann, PopMatters
Anna Nerkagi, nata nel 1952 nella penisola di Jamal, in Siberia, è l’unica scrittrice della comunità nomade dei nenec. E la sua voce è diventata una guida nel mondo e nella cultura di questa remota popolazione. Muschio bianco era uscito in russo nel 1995 e nel 2023 l’autrice è stata candidata al premio Nobel per la letteratura. Il romanzo nasce dall’esperienza di vita nomade di Nerkagi nella tundra di Baidaratskaja. Un’esperienza di scoperta di sé, del proprio popolo e una riflessione sul proprio destino, pervasa di mitologia nenec. Nel 2014 Muschio bianco è stato adattato per il grande schermo con la regia di Vladimir Tumaev.
Tass
Lapidi è il dettagliato racconto del “grande balzo in avanti” di Mao Zedong, un disastroso tentativo di far decollare l’economia cinese che invece causò una terribile carestia e la morte di 36 milioni di persone. Il libro è uscito a Hong Kong nel 2008 ma è stato vietato nella Repubblica popolare cinese, dove circola clandestinamente online oppure sottobanco in alcune librerie. Nel 2016 Yang è stato premiato “per coscienza e integrità nel giornalismo” dall’università di Harvard ma gli è stato vietato di lasciare la Cina per partecipare alla cerimonia. Yang è nato nel 1940 nella provincia dell’Hubei e in una scena straziante del libro racconta di quando era tornato da scuola e aveva ritrovato l’amatissimo zio (che aveva rinunciato all’ultimo pezzo di carne per nutrire il ragazzo che stava crescendo come un figlio) talmente debole da non riuscire neanche ad alzare un braccio per salutarlo, gli occhi incavati e il viso smunto. Tutto questo accadeva nel 1959, durante la carestia, ma Yang ci avrebbe messo decenni a capire che la morte dello zio era parte di una tragedia nazionale. Dopo i fatti di piazza Tiananmen, e dopo aver cercato in ogni modo di essere un buon comunista, nel 1989 ha avuto un risveglio. “Il sangue di quegli studenti ha lavato via dal mio cervello tutte le menzogne che avevo accettato”. Ha giurato di trovare la verità e si è dedicato a ricostruire la storia della carestia fingendo di svolgere una ricerca economica. E grazie alla sua iscrizione al Partito comunista ha avuto accesso a documenti riservati.
Barbara Demick, The Atlantic
Seguire al contrario la rotta delle migrazioni per raccontare le storie di bambini e ragazzi partiti per attraversare il Sahara e la Libia, che trovano posto su una barca per l’Italia e poi entrano in Francia. Raphaël Krafft, giornalista, voce di France Culture, conosce alcuni di questi migranti nel 2015 negli accampamenti parigini. Fin dai primi incontri le loro storie mettono in crisi il reporter e lo portano sempre più a sud. Ma è durante la sua lunga permanenza nel fondo di una valle alpina, al confine con l’Italia, che il suo approccio all’argomento cambia davvero. Lì incontra cittadini francesi che, in nome dei diritti umani, salvano da morte certa in montagna i nuovi arrivati. Proprio lì, a pochi chilometri da Briançon, comincia una storia che ci porta ai piedi del col de l’Echelle, un passo attraversato dal 2017 da circa diecimila migranti, in maggioranza guineani, molti a malapena adolescenti. Alla fine di quell’anno ne arrivarono a decine, sfidando il freddo e la neve che non avevano mai visto e di cui non sapevano niente. Ogni sera gli abitanti della zona si organizzano per salvare questi ragazzi. Dai militari in pensione alle guide alpine, alla gente comune, Raphaël Krafft racconta le storie di coloro che pattugliando la valle di notte hanno creato un’organizzazione “segreta” per fornire vitto e alloggio a chi arriva, congelato e affamato. Cittadini onesti che quando salvano i giovani e li aiutano a tornare a valle vengono fermati come se avessero compiuto un reato. Se la Clarée è lo scenario di buona parte del racconto di Raphaël Krafft, il giornalista non si ferma lì e decide di andare ancora più a sud, fino in Guinea per vedere dove nasce il vento delle migrazioni. Maryline Baumard, Le Monde
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