La terra di William Edel Lozano Echeverría, un contadino di 53 anni, comprende pendii, burroni e rocce. Dal punto più alto si vedono la diga 5 de noviembre e il fiume Lempa, la fonte principale di acqua potabile della capitale San Salvador. Nei trenta ettari di proprietà ci sono alberi, pascoli per il bestiame e pietre esotiche ambite dalle aziende straniere. Alcune brillano alla luce del sole, perché in superficie hanno granelli bianchi come il sale; altre, simili alla ghiaia, sembrano avere un uovo bianco gigante al loro interno. “Cercano questo”, dice Lozano, tenendo tra le mani una roccia marrone scuro con una massa bianca visibile solo in parte.

Lozano si guadagna da vivere grazie a qualche capo di bestiame e alla coltivazione di mais e sorgo. Sette anni fa ha comprato un appezzamento di terra dalla Pacific rim, l’azienda canadese che aveva condotto delle prospezioni minerarie per estrarre l’oro nel villaggio di El Limón, nel dipartimento di Cabañas.

Il contadino William Lozano nella sua proprietà nel dipartimento di Cabañas. El Salvador, 30 gennaio 2025 - El Faro
Il contadino William Lozano nella sua proprietà nel dipartimento di Cabañas. El Salvador, 30 gennaio 2025 (El Faro)

Alla fine degli anni novanta, i tecnici della Pacific rim erano sicuri che quella terra inospitale nascondesse un tesoro. L’azienda rilevò il terreno dal padre di Lozano, costruì strade sterrate, un ponte, un campo da calcio e una scuola, e assunse personale del posto. Ma il progetto fallì a causa dell’opposizione delle comunità locali. Lozano conosce i dettagli di quel conflitto, che divise anche la sua famiglia: mentre i suoi cugini erano attivisti contrari all’estrazione mineraria, lui lavorava come guardiano per la Pacific rim. Quando l’azienda se ne andò, comprò il terreno.

“Pensavo che l’attività mineraria fosse finita. Sembrava un capitolo chiuso. Mi sbagliavo”, dice.

Il 31 marzo 2017 il parlamento salvadoregno aveva approvato una legge che vietava l’estrazione di metalli in tutto il paese, ma la norma è stata abrogata il 23 dicembre 2024 durante l’ultima sessione plenaria dell’anno. Il parlamento è controllato dal partito Nuevas ideas, del presidente populista Nayib Bukele. Da allora Lozano è diventato il destinatario dei dubbi e delle preoccupazioni dei vicini: hanno paura che venda la terra a un’azienda mineraria o al governo, e che l’industria inquini le sorgenti e i fiumi.

Lozano afferma di non essere né favorevole né contrario all’attività mineraria. Come chiunque gestisca i propri affari e come cittadino consapevole di vivere sotto un governo che fa quello che vuole, perfino aggirando la costituzione, venderà il terreno se un’azienda glielo chiederà. Per quanto riguarda le fonti idriche, secondo lui dovrebbe essere il governo a rispondere alle domande degli abitanti, che il 30 gennaio hanno organizzato la prima manifestazione contro la nuova legge.

Circa trecento persone hanno percorso a piedi una decina di chilometri fino al centro di Sensuntepeque, capoluogo del dipartimento. “Moriremo tutti avvelenati, perché la legge non vieta il cianuro. Siamo un territorio altamente minacciato. Cabañas si oppone a questi progetti di morte”, ha detto Vidalina Morales, contadina e presidente dell’Associazione per lo sviluppo economico sociale (Ades) di Santa Marta.

Dati contestati

Il malcontento non si avverte solo nelle strade. Lozano è credente e frequenta la piccola parrocchia locale. La chiesa salvadoregna si è espressa contro l’attività estrattiva e ha avviato una campagna di raccolta firme per chiedere l’abrogazione della legge. Il sacerdote di El Limón ha invitato gli abitanti a fare opposizione “con le parole”, e Lozano gli ha chiesto un consiglio spirituale su cosa fare se la Pacific rim si mostrerà interessata a comprare la sua proprietà. Secondo il sacerdote, vendere il terreno è un suo diritto. Lozano crede che il governo dovrebbe aprire un dialogo con le comunità, ma sa che non succederà. A chi gli fa notare che con la vendita del terreno cominceranno i problemi, il contadino risponde: “A fregarvi è stato il presidente. Cosa ci posso fare? Nessuno si opporrà al governo. Bukele dovrebbe venire qui a spiegare la situazione e a incontrare gli abitanti, in modo che tutti possano farsi un’opinione. Oppure potrebbe mandare qualcuno, un suo rappresentante. Non siamo in tempo di guerra: le istituzioni devono dialogare con la gente e se poi la gente non è d’accordo, per me va benissimo”.

Per il momento il governo non ha aperto un dialogo con le comunità locali sulla ripresa dell’estrazione mineraria o su altre questioni di interesse nazionale. I deputati di Nuevas ideas hanno approvato la legge senza ascoltare gli esperti né le comunità coinvolte. Nell’ultima settimana di gennaio, il quotidiano La Prensa Gráfica ha riferito che la direzione generale dell’energia, degli idrocarburi e delle miniere ha classificato come confidenziali gli studi sui distretti auriferi del Salvador, mentre il ministero dell’ambiente ha detto che le informazioni e le raccomandazioni formulate da un tribunale ambientale sull’attività nella miniera di San Sebastián, nel dipartimento di La Unión, sono riservate fino al 2030. 

Le poche informazioni disponibili sono quelle che Bukele ha diffuso sui social network e durante le conferenze stampa. Il 1 dicembre 2024 ha dichiarato che la quantità potenziale di oro nel Salvador è pari a tre miliardi di dollari, più dell’ottomila per cento del pil del paese.

Il 10 gennaio, però, la fondazione tedesca Hein­rich Böll, che sostiene progetti in difesa dell’ambiente, ha pubblicato sul suo sito un articolo di Steven Emerman, esperto di idrogeologia e consulente internazionale di questioni minerarie, in cui si mette in dubbio la veridicità di quei dati. “Quel valore equivarrebbe al 60 per cento dell’oro totale del pianeta. Considerando che El Salvador rappresenta solo lo 0,014 per cento della superficie continentale globale, l’affermazione è incoerente con i dati internazionali finora disponibili”.

Tutto sembra indicare che né i dati sbagliati o inesatti, né l’opposizione delle comunità di Cabañas basteranno a fermare il progetto di Bukele. Lozano lo spiega così: “Quando arriverà un’azienda mineraria, il governo giocherà d’astuzia circondando l’area di soldati e non farà entrare nessuno. E i pazzi che protesteranno saranno arrestati. Anche il proprietario del terreno che rifiuta di venderlo potrebbe finire in prigione. Non possiamo opporci. Personalmente non voglio farlo, perché non voglio problemi con nessuno”.

A cielo aperto

Lozano vive su una potenziale miniera d’oro a causa del fallimento della Pacific rim nel Salvador.

Tutto era cominciato con il boom minerario degli anni novanta, innescato dall’aumento dei prezzi dell’oro. El Salvador aveva una legge del 1995 che portò nel paese compagnie come la Martinique minerals, la Minerales Morazán e la Pacific rim. Tra il 1998 e il 2003 il ministero dell’economia aveva concesso 29 licenze per la prospezione mineraria.

L’interesse delle aziende era aumentato negli anni successivi. Secondo i documenti ufficiali ottenuti da questo giornale, tra il 2000 e il 2010 la direzione delle miniere e degli idrocarburi del ministero dell’economia aveva ricevuto tre domande di trivellazione e 92 domande di prospezione mineraria da varie aziende. Di fronte all’opposizione delle comunità locali e alla mobilitazione delle organizzazioni della società civile, però, il governo aveva bloccato i progetti.

La Pacific rim non era riuscita a ottenere le licenze e aveva citato El Salvador davanti al Centro internazionale per la risoluzione delle controversie sugli investimenti chiedendo un indennizzo di 248 milioni di dollari per violazione dei suoi diritti commerciali. Il 14 ottobre 2016 la compagnia canadese ha perso il contenzioso e ha dovuto pagare otto milioni di dollari al paese centroamericano. Le proprietà e i conti bancari della filiale della Pacific rim sono stati congelati. Dopo aver pagato il debito con lo stato, l’azienda ha venduto le proprietà che ancora aveva nel Salvador. Così, attraverso gli avvocati dell’azienda, Lozano ha saputo che il terreno era in vendita, e ha acceso un prestito per acquistarlo.

Il 28 settembre 2018 Maymi Emerita Moreno Rivas, segretaria del consiglio di amministrazione della Minerales Torogoz, una filiale della Pacific rim, ha accettato l’offerta di acquisto dell’agricoltore William Edel Lozano Echeverría, che ha pagato 70mila dollari per i trenta ettari della proprietà, come risulta dal catasto. Grazie al suo precedente lavoro come guardiano, Lozano sa come e dove sono state effettuate le prospezioni minerarie nella sua attuale proprietà. Date le caratteristiche del terreno, l’estrazione dev’essere fatta a cielo aperto. I campioni di roccia tanto ambiti si trovano a mezzo metro di profondità e altri a settanta metri. Quando Lozano mi ha invitato a visitare la proprietà ho visto le piccole lastre di cemento che coprono i fori lasciati dalla prospezione mineraria.

“Questa è una miniera di superficie, non è fatta per essere scavata in profondità. È tutto visibile, bastava una zappa per arrivare al punto giusto, i campioni erano a poca profondità”, dice.

La carovana contro l’attività mineraria a Sensuntepeque, 30 gennaio 2025 - El Faro
La carovana contro l’attività mineraria a Sensuntepeque, 30 gennaio 2025 (El Faro)

“Meno di mezzo metro?”.

“Meno di un metro. Scavavano dei pozzetti e trovavano subito quello che cercavano. Si sviluppa tutto in superficie”.

“Che aspetto ha quello che cercano?”.

“Sono rocce lucide, brillanti”.

Lozano ricorda che la Pacific rim ha fatto anche delle prospezioni tra i sessanta e i settanta metri di profondità, poi sospese a causa delle proteste di alcune comunità. “La gente che vive nella zona del fiume Lempa viene qui a protestare”, dice il contadino. Secondo gli abitanti, i lavori minerari riducono la quantità d’acqua delle loro sorgenti. E Lozano non lo nega: “Le sorgenti sono diminuite di volume, perché la trivella arrivava a una profondità di settanta metri. In questo terreno c’è sempre stata molta acqua e mi sono reso conto che le sorgenti sono diminuite proprio durante le trivellazioni”, racconta.

Con le mani legate

Alla fine degli anni novanta El Limón era un territorio isolato e povero. La cooperazione statunitense non aveva ancora costruito l’autostrada Longitudinal del Norte, il ponte Santa Rita o quello Copinolapa. In un luogo dove gli abitanti sopravvivevano a fatica coltivando mais e sorgo su un terreno arido, arrivò un’azienda a parlare di progresso: offrì lavoro e pagò i trattori per costruire strade sterrate. La comunità si spaccò: alcuni erano grati per i posti di lavoro, le scuole e le strade, mentre altri criticavano i danni all’ambiente.

Gli anni di Bukele

Nayib Bukele, 43 anni, è stato eletto presidente del Salvador nel 2019 e riconfermato per un secondo mandato nel febbraio del 2024, con più dell’80 per cento dei voti. La sua popolarità è aumentata per il successo ottenuto nella lotta alla criminalità organizzata. Gli omicidi si sono drasticamente ridotti. Durante lo stato d’emergenza, decretato per la prima volta a marzo del 2022 e ancora in vigore, le autorità salvadoregne hanno arrestato più di 85mila persone con l’accusa di far parte di qualche banda criminale. Secondo le ong che si occupano di diritti umani, ci sono state detenzioni arbitrarie. Oggi l’1,8 per cento della popolazione del paese è in carcere, il tasso più alto del continente. Bbc, Amnesty international


Dividere una comunità è una strategia usata dalle grandi aziende per smantellare la resistenza contro i progetti minerari o immobiliari. Per esempio nell’Hacienda La Labor di Ahuachapán, nell’ovest del paese, la comunità ha protestato contro la costruzione di un complesso residenziale che minacciava una sorgente, ma l’industria edile Fénix ha regalato materiale da costruzione e generi alimentari, e ha assunto alcuni abitanti come guardie di sicurezza. A quel punto la causa contro l’azienda immobiliare è diventata una disputa tra vicini che è finita in tribunale.

Nel dipartimento di Cabañas gli attivisti collegano l’estrazione mineraria ad alcuni omicidi. Il 29 giugno 2009 il cadavere dell’insegnante e promotore culturale Gustavo Marcelo Rivera fu trovato in stato di decomposizione in un pozzo di Ilobasco. Sei mesi dopo, nel dicembre 2009, furono uccisi il vicepresidente del comitato ambientale di Cabañas (Cac), Ramiro Rivera Gómez, e Dora Alicia Recinos de Sorto, moglie di Santos Rodríguez, allora consigliere del Cac. Le indagini attribuirono le morti a liti personali. Lozano crede alla versione ufficiale, anche se ha vissuto in prima persona la violenza provocata dall’attività mineraria.

“È stato difficile. A mezzanotte, mentre sei a casa che dormi, un bastardo comincia a sparare con un fucile davanti alla tua porta. La tua famiglia non dorme più tranquilla. Sparavano vicino a casa all’una o alle due del mattino”, dice.

Quello che Lozano cerca di spiegare è che le divergenze sul progetto minerario hanno portato violenza da entrambe le parti. Anche se le denunce di un gruppo sono sicuramente più gravi: gli ambientalisti parlano di omicidi, mentre Lozano delle minacce e dei colpi di avvertimento rivolti verso di lui e gli altri guardiani che lavoravano per la Pacific rim. Familiari e vicini che si conoscevano da una vita erano schierati su due fronti opposti. L’attivista ambientale Dora Alicia Recinos de Sorto era cugina di Lozano.

Recinos de Sorto fu uccisa il pomeriggio del 26 dicembre 2009, mentre tornava a casa dopo aver lavato i panni nel fiume. Era incinta di otto mesi. Quando i parenti raggiunsero la scena del crimine trovarono il corpo della donna, una cesta di vestiti insanguinati, un bambino di due anni che piangeva accanto a lei. Lozano non partecipò né alla veglia né alla sepoltura della cugina per via degli scontri in famiglia sulla miniera. Il marito di Dora Alicia, un attivista contrario alle miniere, gli aveva ordinato di non farsi vedere.

Andare via

“Era il marito di Dora Alicia a organizzare tutto per la difesa dell’ambiente. Ci aveva già detto che dovevamo tenerci alla larga. Quindi non sono andato al funerale. I poliziotti non hanno fatto indagini. Avrebbero potuto cercare di scoprire i mandanti. I sicari venivano da fuori, ma i mandanti non sono mai stati trovati”.

Ripensando al passato, Lozano non vuole rivivere i giorni travagliati in cui l’industria estrattiva mise piede per la prima volta a El Limón. Non vuole neanche nuovi scontri in famiglia che sfocino nell’odio per le posizioni contrastanti sulle miniere. Tuttavia, se queste diventeranno una realtà, sente di avere le mani legate: venderà la proprietà.

“Molti dicono che la cosa li danneggerà. Due vicini mi hanno chiesto se ho intenzione di andarmene. Gli ho detto che non me ne andrò prima di vedere come si mettono le cose. Ma se vendo, dovrò andarmene. Non ho un posto dove stare. Dovrò comprare un’altra proprietà per continuare a lottare, perché ho una famiglia”.

Finché non arriveranno le compagnie minerarie, Lozano mungerà le sue quattordici mucche e si prenderà cura dei due vitelli nati da poco. Continuerà a prestare una parte del terreno ai contadini più poveri a patto che, dopo il raccolto, gli lascino le piante secche per il bestiame. Dalla sua casa guarderà i ragazzi che ogni pomeriggio giocano a calcio nel campo costruito dalla Pacific rim. E per le strade polverose continuerà a incontrare i contadini nullatenenti che tornano alle loro case. Sono gli stessi che si preoccupano e gli chiedono informazioni sul futuro. Di fronte a queste domande che hanno il tono di un reclamo, Lozano ripete uno degli argomenti che ha tirato fuori spesso durante la nostra conversazione: “Non voglio fregarli. Sarà il presidente Bukele a farlo”.◆ fr

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Questo articolo è uscito sul numero 1605 di Internazionale, a pagina 56. Compra questo numero | Abbonati