Al centro del frenetico interesse sulla mancata acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk c’era un’intuizione corretta: oggi i social network sono fondamentali. Che li si chiami piazze o infrastrutture, esistono in uno spazio opaco che si colloca tra la pubblica utilità e l’interesse privato. Sono troppo importanti per affidarli a miliardari o ad aziende, ma questo li rende anche troppo pericolosi perché siano consegnati ai governi. Non abbiamo ancora trovato una risposta soddisfacente alla questione della loro proprietà e del loro controllo. Tuttavia ci sono destini peggiori di quello di finire in mano a Elon Musk.

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Per come lo conosciamo oggi, TikTok ha pochi anni di vita. Ma nessun social network in passato è cresciuto alla sua velocità. Nel 2021 ha fatto registrare più utenti attivi di Twitter, più minuti di visualizzazione di YouTube negli Stati Uniti, più download dell’app rispetto a Facebook, più visite ai siti esterni rispetto a Google. L’app è famosa soprattutto per i video di balletti, ma c’è stata un’epoca in cui Twitter era solo un modo per aggiornare gli ordini per il pranzo e Face­book era limitato alle élite universitarie. Le cose cambiano. Forse sono già cambiate. Poche settimane fa ho fatto una lezione in un college presbiteriano in South Carolina e ho chiesto ad alcuni studenti dove preferivano seguire le notizie: quasi tutti hanno risposto TikTok.

I social network sono troppo importanti per affidarli ai miliardari, ma anche troppo pericolosi per consegnarli ai governi

TikTok è di proprietà di un’azienda cinese, la ByteDance. E le aziende cinesi sono esposte ai capricci del governo di Pechino. Il Partito comunista cinese ha trascorso gran parte del 2021 a dare una stretta al settore tecnologico. Quello che è successo a Jack Ma, il fondatore della piattaforma di commercio online Alibaba al centro di una serie di indagini dell’antitrust cinese dalla fine del 2020, dev’essere un monito per tutti gli altri. Il messaggio era chiaro: gli amministratori delegati dovranno agire in accordo con il partito se non vogliono che le loro aziende siano spezzettate.

Ad agosto del 2020 il presidente statunitense Donald Trump ha firmato una legge per chiedere la vendita di TikTok a un’azienda americana, pena la messa al bando dell’app. In autunno la ByteDance stava cercando un compratore e in prima linea c’erano la Oracle e la Walmart, ma poi Joe Biden ha vinto le elezioni e la vendita è stata accantonata. A giugno Biden ha preparato un suo provvedimento di legge per sostituire quello firmato da Trump, che era stato scritto in modo frettoloso e successivamente contestato in tribunale. Il problema, come si legge nel documento di Biden, è che app come TikTok “sono in grado di appropriarsi di un’enorme quantità d’informazioni provenienti dagli utenti, tra cui dati personali e aziendali di cittadini statunitensi”.

Definiamolo un problema di spionaggio di dati. App come TikTok raccolgono dati dagli utenti. Questi dati potrebbero diventare preziosi per dei governi stranieri. Ecco perché l’esercito statunitense ha vietato TikTok sui telefoni di lavoro dei soldati e il senatore repubblicano Josh Hawley ha scritto una proposta di legge per vietarlo su quelli dei funzionari governativi.

TikTok non esercita il suo vero potere sui dati, ma sull’algoritmo opaco che stabilisce cosa far vedere e cosa no. Per esempio è pieno di video a sostegno della Russia

TikTok sta lavorando a una risposta a questo problema: il “Progetto Texas” è un piano per ospitare i dati dei clienti statunitensi su server collocati negli Stati Uniti e limitarne in qualche modo l’accesso alla casa madre. Tuttavia, come scrive Emily Baker-White in un articolo su BuzzFeed News, “il progetto Texas sembra in grado di rispondere bene alle preoccupazioni sull’accesso che il governo cinese potrebbe avere alle informazioni personali degli statunitensi. Ma non fa riferimento agli altri modi in cui la Cina potrebbe trasformare TikTok in un’arma, per esempio alterando gli algoritmi per aumentare l’esposizione a contenuti divisivi o modificando la piattaforma per dare spazio a campagne di disinformazione”.

Definiamolo quindi un problema di manipolazione. TikTok non esercita il suo vero potere sui dati, ma su quello che gli utenti guardano o creano. Sull’algoritmo opaco che stabilisce cosa far vedere e cosa no. TikTok per esempio è pieno di video a sostegno della propaganda russa sulla guerra in Ucraina. L’organizzazione Media matters ha messo in evidenza una campagna di questo tipo guidata da 186 influencer di TikTok che di solito postano consigli di bellezza, scherzi o altri contenuti leggeri. E sappiamo che la Cina ha amplificato in tutto il mondo la propaganda russa. È poco rassicurante per gli Stati Uniti non sapere se il Partito comunista cinese abbia modificato l’algoritmo per dare più visibilità a questi contenuti. Quanto sarà rassicurante per il paese trovarsi in una situazione simile tra cinque anni, quando TikTok sarà ancora più radicato nelle vite degli statunitensi e l’azienda potrebbe avere ancora più libertà di operare a suo piacimento?

Immaginiamo un mondo in cui gli Stati Uniti vivano un’elezione presidenziale contestata, come è successo nel 2020 (per non parlare del 2000). Se un candidato fosse vicino agli interessi cinesi, Pechino sarebbe in grado di fare pressioni sulla ByteDance per favorire i contenuti a favore di quel candidato? O se invece volesse semplicemente indebolire gli Stati Uniti, magari TikTok potrebbe cominciare a diffondere un numero sempre maggiore di video in cui si parla di brogli elettorali, per seminare il caos in un momento in cui il paese è diviso? Nessuna di queste ipotesi è azzardata. Sappiamo per certo che le linee guida sulla moderazione dei contenuti su TikTok hanno imposto un giro di vite su video e argomenti obbedendo ai voleri del governo cinese, anche se l’azienda sostiene di aver cambiato rotta di recente. Sappiamo che altri paesi, come la Russia, hanno usato i social network per creare divisioni negli Stati Uniti.

È significativo vedere come la Cina si renda conto di questi rischi, al punto da aver costruito un firewall per proteggersi: ha vietato Facebook, Google, Twitter e perfino TikTok. La ByteDance ha dovuto creare una versione diversa dell’app, Douyin, rivolta al pubblico cinese e rispettosa delle regole imposte dalla censura. Già da tempo Pechino considera queste piattaforme delle potenziali armi. Visto che la svolta autoritaria della Cina non si ferma e i rapporti con Washington peggiorano, non è esagerato sospettare che i cinesi potrebbero fare agli Stati Uniti quello che hanno sempre temuto che gli Stati Uniti potessero fare a loro.

“È come se l’Unione Sovietica dell’era Breznev avesse deciso d’investire un po’ dei soldi ricavati dall’esportazione di petrolio nell’acquisto di canali televisivi statunitensi”, ha scritto il mio ex collega Matthew Yglesias nella sua newsletter Slow boring. Le analogie possono lasciare il tempo che trovano, ma secondo me è un buon punto di partenza. Se però l’Unione Sovietica avesse comprato stazioni televisive locali in tutto il paese, i cittadini statunitensi l’avrebbero saputo e sarebbero stati consapevoli degli obiettivi di quei canali. La propaganda sarebbe stata vista semplicemente come propaganda, un po’ come succede oggi con la televisione controllata dal Cremlino, Russia Today.

Il miliardo di utenti di TikTok non pensa di essere in mezzo a un’operazione di propaganda del governo cinese, perché nella maggior parte dei casi in effetti non è così. Stanno solo guardando dei tutorial sul trucco, delle ricette o dei video con balli divertenti e il labiale sincronizzato. Ma questo in realtà renderebbe la piattaforma uno strumento di propaganda ancora più potente, nel momento in cui Pechino decidesse di usarla. Visto che ogni feed di TikTok è diverso, non sappiamo davvero quello che ogni persona sta guardando. Sarebbe fin troppo semplice usare l’app per plasmare o distorcere l’opinione pubblica e farlo con discrezione, magari senza lasciare tracce.

La nostra attenzione collettiva è importante. Chiunque (o qualunque cosa) controlli la nostra attenzione controlla anche, per sommi capi, il nostro futuro. I social network che controllano la nostra attenzione devono essere regolati nell’interesse di tutti. Questo significa sapere chi li controlla davvero e come sono gestiti. Non so quale degli attuali proprietari dei social network risponda a uno standard simile. Ma so per certo che la ByteDance non lo fa. Almeno su una questione Donald Trump aveva ragione, e l’amministrazione Biden dovrebbe portare a termine quello che Trump aveva cominciato. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1463 di Internazionale, a pagina 43. Compra questo numero | Abbonati