Risulta difficile abbandonare la lettura dei racconti di H.P. Lovecraft adattati dall’argentino Alberto Breccia, con l’aiuto alla sceneggiatura di Norberto Buscaglia, quasi tutti nella prima metà degli anni settanta. Per la loro potenza espressiva, per l’intensità delle atmosfere. Leggerli, magari di notte e nel silenzio, costituisce un’esperienza di conoscenza e di elevazione. Con questi racconti in bianco e nero, concepiti poco prima o durante la dittatura di Videla, Breccia comincia una sperimentazione rivoluzionaria mescolando il segno grafico espressionista che tende alla fotografia usando le stesse foto, la pittura con i collage di materiali diversi anche per mezzo di una tecnica particolare come il monotipo. Straordinaria la qualità di stampa e il grande formato di quest’edizione che riprende quella della statunitense Fantagraphics, consentendo di apprezzare al meglio la capacità dell’autore di radicalizzare l’astrazione per rappresentare l’indicibile, di dare forma a quel che non ha forma, o che ha forma ambigua, tanto più forte in quest’epoca di pericolose certezze assolute, a cominciare dall’interpretazione della politica internazionale. Se Lovecraft, autore inclassificabile, cancella i confini tra horror, fantastico e fantascienza, Breccia affronta la materia oscura dell’universo e quella della psiche come fossero una cosa sola. Affascina e inquieta rendendoci più ricchi e consapevoli. Francesco Boille
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Questo articolo è uscito sul numero 1450 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati