Collage d’illustrazioni tratte dai feuilleton di fine ottocento e inizio novecento, editi tra il 1929 e il 1934, questi “tre romanzi per immagini” che ebbero il sostegno entusiasta del gruppo surrealista guidato da André Breton, rappresentarono un gesto artistico radicalmente nuovo. La reale bellezza delle incisioni, pubblicate a tutta pagina anche senza didascalie, e la forza delle deformazioni praticate da Ernst acuiscono il loro essere rivelatori freudiani del rimosso, emanazioni inquietanti dell’inconscio o della notte, intesa come luogo oscuro dell’essere umano. Il senso è ambiguo, inconoscibile e imprendibile, come una chimera. Perché la realtà è questa. Ma è chiaro lo sberleffo provocatorio all’ipocrito ordine borghese. Marceline-Marie, che diventa santa a sedici anni a causa di uno stupro subìto a sette anni, dice: “Amare molto il buon Dio e immergere entrambe le mani in una fogna, ecco la felicità per noi figlie di Maria”. E subito si pensa a La folle del Sacro Cuore, splendida trilogia a fumetti realizzata da Moebius su sceneggiatura del cineasta surrealista Alejandro Jodorovsky. Ma si pensa anche ai fumetti di Scòzzari e al libro “pornografico” di Bastien Vivès, recensiti negli ultimi due numeri, visto che entrambi fanno uso del surrealismo e del trash. E infine ai fumetti fantasmagorici e surrealisti di Winsor McCay, giocati su deformazioni e analogie. Proprio come fa Ernst, che ci è arrivato molto prima. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1496 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati