La prima qualità del lavoro di Nadine Redlich è la bellezza del suo segno grafico. Questa giovane autrice tedesca riesce a mantenere un’unità non solo stilistica – malgrado giochi su una certa disomogeneità – ma anche d’intenti, che pare interpretare la complessità della vita mediante un’apparente semplicità del tratto, molto pulito, e della costruzione della sequenza. Ed è qui che Redlich dimostra di padroneggiare al meglio una seconda specificità: la cosiddetta contemplazione plastica globale della sequenza all’interno della tavola, che si offre al lettore in un colpo d’occhio, contrariamente al cinema dove è un flusso che si scopre gradualmente. Sono i due strumenti principali dell’autrice per veicolare l’umorismo surreale presente in questa raccolta di sequenze, di una pagina o di quattro al massimo, unite a diversi disegni a tutta pagina. La sua sembra appunto una ricerca della profondità espressa dalla totale semplicità apparente anche grazie a un segno dall’espressività diabolica. La sua magia fa vivere buffi personaggi che vanno e vengono e dai quali non vogliamo più separarci, come l’informe essere spugnoso di colore giallo o un cane bianco, e che anzi speriamo di ritrovare in futuro proprio come succede nel fumetto popolare. Trasfigurando ogni stress nel suo mondo fondato sul nonsense, e rovesciando la logica del reale, Redlich ci rivela, divertendoci, quanto sia insensato il nostro quotidiano.
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Questo articolo è uscito sul numero 1530 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati