Quella delle Nazioni Unite è un’apparizione maestosa, una visione, un tuffo al cuore; e quando penetriamo nella hall del palazzo di vetro piena di persone di etnie diverse, il senso dello spazio del disegnatore Floc’h nel collocare le figure è tale che pare di essere invece all’entrata del Guggenheim museum. Sono diversi anni che il disegnatore francese guarda all’arte contemporanea, compreso l’uso dei colori. Più concettuale che mai, in maniera opposta e complementare a un Charles Burns, guarda alla pop art, a Roy Lichtenstein (ribaltandolo parzialmente nei presupposti), nel rivisitare i maestri della linea chiara. Qui i personaggi di Blake e Mortimer sono liberati dall’eresia del loro creatore Edgar P. Jacobs che coniugava l’espressionismo con la leggerezza, la trasparenza, l’assenza di chiaroscuri della linea chiara. Floc’h raggiunge così Hergé, che inventò la definizione stessa di linea chiara. E nel fare arte con la rappresentazione stilizzata dell’arte della guerra, coadiuvato alla sceneggiatura da José-Louis Bocquet e dal critico letterario Jean-Luc Fromental, rivisita l’unica avventura un po’ reazionaria della serie (Il segreto dell’Espadon), figlia del clima della guerra fredda. L’arte della guerra di Sun Tzu si apre così al pacifismo, all’intesa tra esseri umani, al superamento dei rispettivi manicheismi ideologici. Quasi sovversivo, nel mondo di oggi. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1569 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati