Per molte persone rimaste fuori dalla stanza delle trattative, lo sciopero degli sceneggiatori di Hollywood sembrava inevitabile. A chi era dentro invece non appariva così. Fino all’ultimo momento, i negoziatori degli autori e degli studios sono rimasti convinti che la controparte avrebbe ceduto e che un accordo sarebbe stato raggiunto. Ma i picchetti degli sceneggiatori visti nei giorni scorsi a Los Angeles e New York raccontano una storia diversa. Il conflitto che ha causato la rottura è esploso in modo evidente nelle ultime ore della trattativa. Il 30 aprile l’Alliance of motion picture and television producers (Amptp, l’associazione che rappresenta gli studios) ha consegnato un pacchetto di proposte al comitato della Writers guild of America (Wga, l’associazione che tutela gli interessi degli sceneggiatori statunitensi).
Impiegati o liberi professionisti?
Nel pacchetto non erano neanche citati alcuni dei punti che la Wga ritiene essenziali per sottoscrivere un nuovo accordo triennale, come un numero minimo obbligatorio di settimane di lavoro per gli sceneggiatori televisivi e un organico minimo per i gruppi di scrittura di uno show.
L’Amptp pensava che la Wga avrebbe rinunciato a queste richieste. Ma il 1 maggio la Wga ha risposto al pacchetto dell’Amptp in modo fin troppo spiccio. “A quel punto la percezione è davvero cambiata”, ha detto un dirigente degli studios. “È stato come svegliarsi e realizzare: ‘Oh merda, siamo tornati al 2007’”.
Dal punto di vista della Wga lo sciopero è diventato inevitabile quando Carol Lombardini, presidente di lungo corso dell’Amptp, ha informato i negoziatori che gli studios non avrebbero fatto ulteriori concessioni su varie “questioni fondamentali” per gli sceneggiatori.
“Arrivata la sera, è stato chiaro che non avevano più nulla da offrire e che ci stavano chiedendo di rinunciare alla maggior parte delle nostre richieste chiave”, ha dichiarato Michele Mulroney, vicepresidente della Wga West, una delle due sezioni che, insieme alla Wga East, compone l’associazione degli autori.
L’Amptp era disposta a trattare su molti aspetti secondari dell’accordo, ma solo se il sindacato scrittori avesse ritirato le proposte chiave, ha dichiarato Chris Keyser, copresidente del comitato di negoziazione della Wga ed ex presidente della Wga West. “A quel punto non aveva senso continuare”, ha detto Keyser.
Le trattative sarebbero dovute durare fino alla mezzanotte del 1 maggio. Ma già alle 19.54 l’Amptp ha rilasciato una dichiarazione in cui ne annunciava l’interruzione. Alle 20.30 i negoziatori della Wga sono usciti dalla sede dell’Amptp, dove si era svolto il negoziato, con un’aria cupa e una raccomandazione a procedere con lo sciopero, votata all’unanimità. Uno sciopero cominciato ufficialmente dieci minuti dopo. “È stata una decisione inevitabile ma pesante”, ha dichiarato Betsy Thomas, segretaria-tesoriera della Wga West. “Speravamo davvero di avere una via d’uscita”.
Per ora le due parti rimangono distanti e non c’è un percorso chiaro per riavviare le trattative. I leader della Wga sostengono che gli studios rifiutano di accettare la necessità di un “cambiamento strutturale” che arresti lo smantellamento del sistema di lavoro. Le case di produzione ribattono che la Wga non può riportare indietro le lancette dell’orologio a un’epoca della tv ormai morta e sepolta.
Le aziende rappresentate dall’Amptp affermano di aver già offerto miglioramenti contrattuali clamorosi alla Wga, tra cui un importante aumento delle tariffe minime per gli sceneggiatori-produttori (che ricoprono ruoli di supervisione sul lavoro degli altri scrittori). Un aumento che, dicono, poteva anche essere oggetto di una trattativa e quindi essere ritoccato ulteriomente. L’Amptp ha anche accettato di calcolare le royalty (i cosiddetti residual) dello streaming in base al numero di abbonati stranieri su cui può contare ogni piattaforma, anche se non al livello proposto dalla Wga. Inoltre, avrebbe accettato di creare un premio salariale per le cosiddette mini room (gruppi ridotti di sceneggiatori impegnati su progetti non ancora approvati e che quindi potrebbero non raggiungere la fase esecutiva), anche se, ancora una volta, non all’altezza delle richieste iniziali della Wga.
Nessun minimo
Negli ultimi giorni delle trattative, cominciate il 20 marzo, si erano registrati segnali di progresso. Questo aveva creato un certo ottimismo negli studios sulla possibilità di evitare uno sciopero. Diversi passi avanti erano stati fatti su questioni molto delicate. Ma quando si è arrivati alle ultime 48 ore, i negoziatori delle case di produzione si sono lamentati del fatto che la Wga non avesse ancora illustrato chiaramente le sue priorità. Mentre da parte sua la Wga esprimeva frustrazione per il fatto che l’Amptp si fosse ostinatamente rifiutata di affrontare argomenti considerati prioritari.
“Siamo stati chiari con loro fin dal primo giorno: la situazione imponeva discussioni molto articolate”, ha detto Keyser. “Tutti sanno che c’è qualcosa di terribilmente sbagliato nel sistema attuale, e ne sono responsabili gli studios. Non hanno voluto parlare di molte delle cose di cui gli sceneggiatori hanno bisogno per rendere sostenibile la loro professione”. Per gli studios uno degli ostacoli maggiori è rappresentato dal numero minimo di scrittori ritenuti necessari per la creazione di uno show televisivo. La Wga propone che i team di sceneggiatori di spettacoli di cui ancora non è stata confermata la produzione siano composti da almeno sei persone. Una volta che la produzione passa alla fase esecutiva, la Wga chiede che siano previsti sei scrittori per le serie di sei episodi, a cui aggiungerne un altro ogni due episodi in più, fino a un massimo di dodici.
Per evitare che gli studios occupino tutti questi posti con sceneggiatori “di primo livello”, che ovviamente costano di meno, chiedono anche che una parte di questo minimo sia riservata a sceneggiatori-produttori. La Wga chiede inoltre che agli sceneggiatori siano garantite almeno tre settimane di lavoro a episodio. Secondo l’associazione, il semplice aumento del salario minimo non è una misura sufficiente, dato il peggioramento dei termini di assunzione e del numero di sceneggiatori per serie. “Per far sì che gli sceneggiatori siano adeguatamente pagati, è necessario garantire che siano assunti e che lo siano per un certo numero di settimane”, ha detto Keyser. “Se uno sceneggiatore non è assunto, è inutile parlare di minimi sindacali”.
Ma gli studios affermano di aver chiarito fin dall’inizio che l’introduzione di un numero minimo di autori non avrebbe mai fatto parte dell’accordo. Sostengono che non sia necessario dal punto di vista creativo e che anzi privi gli showrunner – gli ideatori di serie, figure a metà tra autori e produttori esecutivi, che fanno parte della Wga – della discrezionalità di assumere quanti sceneggiatori desiderano.
Ai tempi del sindacato
L’idea appare a molti come un ritorno a un’epoca passata dominata dai sindacati, quando le varie associazioni contrattavano per garantire il posto ai loro iscritti, indipendentemente dal fatto che ci fosse o meno lavoro. “Una dinamica del genere porta a un eccesso di manodopera rispetto al bisogno”, ha dichiarato John McLean, ex dirigente della Cbs, diventato direttore esecutivo della Wga nel 1998 e poi licenziato nel 2005. “Quando ero alla Wga ho evitato accuratamente problemi come l’eccesso ingiustificato di assunzioni. Sul breve periodo assumere sembra una buona scelta, ma alla lunga è un modello sbagliato”, ha detto. “Una cosa che la Wga deve poter vantare è la meritocrazia”.
Keyser ha risposto che non si tratta di assunzioni strumentali, perché quegli sceneggiatori avrebbero effettivamente del lavoro da fare. “Nei contratti è normale richiedere un certo numero di dipendenti, impiegati per un certo periodo di tempo, che sono necessari per svolgere quel compito”, ha detto Keyser.
Le assunzioni diventano ingiustificate se prevedono l’ingaggio di persone che di fatto non fanno niente. Ma sono molti i sindacati che prevedono un organico minimo, come nel caso dei vigili del fuoco e degli infermieri. A rigore di legge anche il carico di lavoro è un argomento obbligatorio di contrattazione, quindi i datori di lavoro sono tenuti a negoziare, anche se alla fine non accetteranno la proposta del sindacato.
Gli studios affermano di aver spiegato le ragioni per cui hanno rifiutato l’idea. Hanno fatto riferimento ad autori che scrivono intere serie da soli, come il creatore di The White Lotus, Mike White. Sostengono che questi sceneggiatori non dovrebbero essere costretti ad assumere persone che alla fine non fanno praticamente niente.
Ma la Wga ribatte che quasi tutte le serie contano in realtà su un gruppo di sceneggiatori, anche le molte che sembrano essere frutto di una sola persona, e che gli autori non accreditati possono comunque essere utili per contribuire al processo produttivo. La Wga si è affrettata inoltre a dire che questo non è l’unico problema, e che ci sono anche elementi di contrasto fondamentali per gli sceneggiatori e gli autori di show comici e sit-com.
“Si è trattato di una spaccatura totale”, ha dichiarato David Goodman, l’altro co-presidente del comitato di negoziazione della Wga, nonché ex presidente della Wga West. “Hanno letteralmente rifiutato qualsiasi discussione su questi temi: sugli sceneggiatori di film e di programmi comici e d’intrattenimento. E su tutte le nostre richieste nel campo televisivo hanno detto: ‘Di questo non parleremo’. Significa che non erano disposti a discutere la nostre proposte iniziali. Non hanno neanche ritenuto di intavolare una trattativa per vedere se era possibile un compromesso”.
Gli studios hanno anche rifiutato l’idea di pagare royalty più alte per le serie di maggior successo sulle piattaforme di streaming, perché si rifiutano di condividere i dati di ascolto che sarebbero necessari per calcolare la quota spettante agli autori. La questione sembra però essere meno urgente: l’attenzione si è spostata sulla ricerca di una modalità che includa gli abbonati internazionali delle piattaforme di streaming nel calcolo delle royalty che spettano agli autori.
Intelligenza sospetta
Invece tra le questioni più spinose c’è l’intelligenza artificiale. La Wga ha presentato una proposta per evitare che un software possa essere considerato autore di “materiale letterario” o di “materiale originale”. Ciò significherebbe che, anche se il materiale prodotto dall’intelligenza artificiale fosse usato nel processo di sceneggiatura, non dovrebbe in nessun modo incidere sul compenso o sul ruolo effettivo degli scrittori.
Così gli studios non avrebbero nessun incentivo economico all’uso dell’intelligenza artificiale, almeno per i progetti che rientrano nel contratto in discussione. Tuttavia, così com’è stata formulata, la proposta consentirebbe agli sceneggiatori di usarla, e potrebbe perfino renderlo vantaggioso.
La Wga ha affermato che il suo obiettivo in realtà è di impedirne l’uso e che il materiale prodotto con l’aiuto dell’intelligenza artificiale non può comunque essere protetto dal diritto d’autore.
La questione è stata fonte di profondi sospetti reciproci e perciò nessuno si è impegnato a proporre qualcosa di costruttivo. L’Amptp ha presentato una lettera in cui sostiene una posizione, già presente nel contratto, cioè che un autore “non dev’essere considerato come un fornitore aziendale o impersonale di materiale letterario”. Gli studios si sono anche offerti d’incontrarsi annualmente per discutere dell’argomento.
Questo ovviamente non è bastato a placare le preoccupazioni della Wga. Sebbene l’intelligenza artificiale possa sembrare un problema secondario al momento, i dirigenti dell’associazione sono preoccupati per quello che potrebbe accadere in futuro. Secondo loro, l’Amptp si è rifiutata di escluderne l’uso in questa fase aspettando di vedere come si evolverà la tecnologia. “Chissa, magari in futuro molte serie potrebbero essere realizzate con un solo autore e una macchina”, ha detto Keyser.
Per il momento non ci sono piani per tornare al tavolo dei negoziati in tempi brevi. Sia Keyser sia Goodman si sono rifiutati di parlare delle loro richieste finali, ma Keyser ha affermato che qualsiasi eventuale accordo dovrà affrontare questioni strutturali, come la durata del rapporto di lavoro, e “restituire agli sceneggiatori il denaro che gli è stato sottratto negli ultimi dieci anni”.
L’Amptp sta rivolgendo ora la sua attenzione alla Directors guild of America (l’associazione che riunisce i registi statunitensi), con cui si prepara a discutere il rinnovo del contratto. In ogni caso a loro sembra evidente che, per riavviare la trattativa, l’iniziativa dovrà venire dalla Wga.
Quest’ultima è invece impegnata nel far pagare agli studios il prezzo della loro intransigenza. Nessuno sa quanto durerà lo sciopero. “Man mano che andrà avanti, ovviamente, le pressioni aumenteranno, per i produttori e per gli sceneggiatori”, ha detto Mulroney. “Il cambiamento non è mai gratuito. Ma siamo forti, siamo uniti, e abbiamo le idee chiare su quale sia la nostra missione oggi”. ◆ ff
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Questo articolo è uscito sul numero 1511 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati